Vince Renzi, la trimurti è compiuta

il bureau - marco viviani - il pinguino di herzog

Da ieri notte, con la nomina di Matteo Renzi a segretario del PD e candidato premier in pectore del centrosinistra, è completo il quadro social-costituzionale. Forse non c’è mai stata tanta sintonia tra il paese e l’espressione politica dei leader che raccolgono più consenso. Finalmente la trimurti della politica è compiuta, così come dev’essere: il partito dell’arbitrarietà (NCD-Forza Italia), quello dell’estetica (PD) e quello della dabbenaggine (M5S). Le tre principali caratteristiche degli italiani.

L’Italia, mai scordarlo, è il paese che ha realizzato la democrazia attraverso i mezzi di comunicazione invece che con la scolarizzazione. Fenomeno particolare tra i grandi stati-nazione del vecchio continente, dagli effetti devastanti sulla società italiana (sempre “imperfetta” e “incompiuta” nei suoi passaggi storici: unificazione, regime dittatoriale, costituzione, sviluppo economico), a partire dal suo sconfortante analfabetismo.

Non si partisse da questo assunto, non si capirebbero la politica-fiction, la politica-convention e la politica-blog che ufficialmente da stamani dominano fuori dal Parlamento il dibattito politico e lisciano una opinione pubblica che peraltro, come sosteneva Nanni Moretti, è morta.

Renzi, lo si è già detto, è il frutto meno avvelenato della stagione berlusconiana, cinicamente la sinistra ha tutto l’interesse a portarlo in scena. Vincerà di sicuro, lui vincerà, ma sarebbe ingenuo pensare possa essere la testa di ponte di una classe dirigente in grado di incidere seriamente nei problemi tragici del paese.

L’Italia è in piena crisi strutturale, dei mezzi di produzione, la crisi finanziaria c’entra poco o nulla così come la moneta unica, l’Europa o le tasse. Temi “a tunnel” ovviamente protagonisti dei dibattiti televisivi e di conseguenza in cima alle ossessioni degli italiani e dei politici, i quali preferirebbero morire piuttosto che deludere gli elettori parlando di cose importanti.

Per affrontare i problemi di altro tenore ci vorrebbe una classe dirigente completamente diversa, capace di analisi profonde e di atti coraggiosi. E questa classe non è neppure all’orizzonte.

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