I PARTITI “E I”: LE QUESTIONI NOMINALI DEL CASO EMILIA ROMAGNA

il bureau - marco viviani - il pinguino di herzog

Il titolo di Repubblica.it di stamani sul caso Emilia-Romagna (un’indagine per peculato che riguarda i gruppi in consiglio regionale), è emblematico del cortocircuito linguistico imposto da Grillo e pigramente riprodotto dai giornali. Per quale ragione dovrebbe ancora sussistere questa separazione nominale? “I partiti E I Cinque stelle“. Tra l’altro quando l’argomento è proprio quello delle spese allegre della politica.

Le differenze organizzative tra i partiti classici – ammesso che ne sia rimasto uno – sono note: le scarse garanzie di democrazia interna, il non-statuto, le frizioni tra i rappresentanti alle camere e i leader mai eletti ma influenti (e un poco arroganti) consentono al giornalismo italiano mainstream di tenere separato il M5S come “cosa” ancora non ben definita. Gli sembra di essere preciso, magari pensa persino di non fare il suo gioco. D’altro canto, però, occorre considerare il fatto assai più semplice che il M5S candida persone, entra nei consigli comunali, regionali, in Parlamento, cioè, al di là di tutti i sinonimi del mondo che poco importano .. è un partito. Sta facendo politica.

Il giochino lessicale secondo il quale i partiti sono gli altri e i deputati sono solo gli altri (mentre loro sono un movimento e hanno “cittadini” come venne brillantemente sottolineato quasi un anno fa da Valentina Parasecolo) è fin troppo banale perché un operatore dell’informazione non lo capisca e così lo superi. Il diavolo si nasconde nei dettagli: quell’ «e i» impone una separazione retorica che non ha senso, perché ad essere coinvolti nell’indagine emiliana sono tutti i partiti, o semplicemente si sarebbe potuto scrivere «tutti i capigruppo». Tutti. Non c’è bisogno di aggiungere, implicitamente, «anche quelli che credavate non ci dovrebbero essere». Si tratta già di un pregiudizio, non ha importanza di quale segno.

Un piccolo scardinamento dell’ovvio, una separazione titolistica, che però dice molto della nota di “novità” che la creatura politica di Grillo e Casaleggio riesce ancora a mantenere nei media. E come sempre in Italia, a ricordarci come stanno le cose nella più totale confusione è la magistratura, che di differenze (quando può) non ne fa.

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