OTTO MARZO, FESTA DELLE QUOTE ROSA

il bureau - marco viviani - il pinguino di herzog

Il motivo essenziale per cui esiste un giorno in cui si festeggia la donna, ma non esiste un giorno in cui si festeggia l’uomo, è che per i maschi è festa tutti gli altri giorni. Dal punto di vista sociale, culturale, delle chance, c’è una evidente difformità: le statistiche dei concorsi di merito, degli assegni di ricerca, di tutto ciò che ha valore il più possibile oggettivo, sono paritarie. Mentre quelle delle rappresentanze dove ci si conta, fondate su meccanismi di cooptazione “politica” – in senso lato e in senso stretto – mostrano cifre pessime per le donne.

Da questo punto di vista, la battaglia bipartisan delle deputate che ieri hanno acceso la discussione parlamentare sull’Italicum a causa dell’assenza di un meccanismo automatico che preveda, di fatto, la composizione 50/50 del prossimo parlamento (all’incirca, ma lasciamo perdere i tecnicismi) sembra assolutamente condivisibile.
L’argomento dei detrattori, anche in questo caso bipartisan e trasversale ai generi, è che invece bisognerebbe restituire la libertà di scelta ai cittadini, che la “rappresentanza di genere obbligatoria” nelle liste sia, in fondo, solo una versione politically correct del concetto di lista bloccata.

Anche questo è vero, basterebbe osservare il trend, noto a tutti, che mostra come in realtà le donne non votano le donne. Nelle elezioni dei consigli comunali, ad esempio, dove esiste la doppia preferenza di genere (il sistema che è stato respinto giovedì sera in aula provocando l’irritazione di Laura Boldrini) ci sarebbero tutte le opportunità per una ripartizione equa, teoricamente anche al 100% femminile, eppure non succede mai perché i primi elettori a non votare una donna sono le donne stesse. Chi scrive ha personalmente seguito una campagna elettorale in una cittadina importante del nord Italia dove c’erano 137 donne candidate nelle liste e in consiglio comunale ne finì una soltanto.

Le ragioni sono complesse, ma non ci si sbaglia molto se si cita anche l’antico vizio della competizione orizzontale nella popolazione femminile, incapace di solidarizzare come invece fanno i maschi dall’alba dei tempi con efficienza formidabile. Troppo spesso, ancora oggi, quando una donna vede un’altra donna salire sull’ascensore delle opportunità politiche, professionali, pensa «perché non io, cos’ha quella più di me?», mentre la stessa scena al maschile rivelerebbe che l’uomo ha sostenuto quella candidatura avendo calcolato chi aveva più possibilità di altri e mentre quello sale al piano superiore dei boss gli dice «hei, ricordati di me … ci vediamo dopo per un caffè, e giovedì squash!».

Dunque, che fare? Insistere per inserire lo strumento – temporaneo – delle quote femminili nella rappresentanza in lista e sostenere che l’elettore dell’Italicum quando segnerà una lista saprà già che voterà l’uomo e la donna “meglio ripartiti” dal sistema? Che rapporto avrà questo automatismo con le primarie che il Partito Democratico metterà in campo prima del voto? Significa che mon sarà possibile esprimere, qualora una comunità lo volesse, la propria preferenza soltanto per gli uomini o soltanto per le donne candidate in quella specifica occasione? E se ce ne fossero di più bravi?

Togliamocelo dalla testa, non esiste una soluzione meccanica perché è di sociologia che si sta parlando e soltanto la società può risolvere il problema. Intanto, però, sarebbe bene ricordare che la Festa della donna non è la Festa delle quote rosa. Vi prego, non dequalifichiamola in queste beghe politiche. Per quanto si ci possa sforzare di vederne il lato sincero, l’accozzaglia bipartisan sotto il vessillo delle quote rose è composta da donne che non sono e non possono essere le donne comuni di cui dicono di preoccuparsi.

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1 Comment

  1. Marta marzo 20, 2014 Reply

    Ma “l’antico vizio della competizione orizzontale nella popolazione femminile, incapace di solidarizzare” è una citazione tratta da dove? Da un testo di sociologia? Perché è di sociologia che si sta parlando. O no?

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