VOCI

il-bureau-matteo-pelliti-lapis

di Matteo Pelliti

Lapis #14 (sulla sintesi vocale)

Le macchine parlanti costituiscono ancora l’emblema di un  futuro “magico” e la forma più prossima alla fantascienza realizzata? Forse sì. Sono passati quarantasei anni (1968) da quando ascoltavamo la voce di HAL 9000 confessarci le sue paure, i suoi desideri, e oggi ci accontentiamo davvero, per stupirci, di molto meno: la sintesi vocale è ridotta a gadget con cui interagire a livelli inferiori dell’espressività; e così,  come a tirar noccioline a delle scimmie in gabbia (noi stessi), sfidiamo col turpiloquio l’assistente vocale che sta “dentro” i device della Apple (SIRI) per vedere che dice, come “reagisce”. La personificazione della voce di sintesi è completa, e SIRI può diventare, addirittura, protagonista seduttivo. Un paio di recenti spot pubblicitari (Ford e Opel) hanno riproposto il tema dell’interazione con la sintesi vocale e dei suoi ambiti di applicazione quotidiana. Nella pubblicità della Ford, la macchina legge un sms ironico. In quello Opel, l’assistente vocale imposta una sveglia per Valentino Rossi e, in altra versione dello spot, legge, ancora, un sms. La voce di sintesi femminile come avamposto dell’incorporeo tecnologicamente più avanzato.

L’immaginario delle “macchine parlanti” (macchine in senso automobilistico) ha un antecedente “plebeo” nella vecchia Austin Maestro, una quasi utilitaria dal design sgraziato che, dalla metà degli anni Ottanta – offriva l’esperienza di una voce di sintesi femminile (le portiere aperte, il carburante in riserva…poche frasi semplici e di servizio).  Negli stessi anni, la fiction americana “Knight Rider” (Supercar, in Italia) narrava le vicende di un’auto “pensante” e parlante – con voce maschile – (KITT) guidata da un David Hasselhoff non ancora bolso bagnino. Qual è il nostro rapporto con la sintesi vocale, oggi? Al di fuori degli usi funzionali primari e importanti (come il supporto alla dislessia, la lettura assistita per non vedenti e ipovedenti di file di testo e pagine web) la sintesi vocale rappresenta al meglio l’illusione animista della macchina. Sappiamo che ogni assistente vocale è una batteria di frasi registrate da un doppiatore, da una doppiatrice (sulla cui identità, spesso, si concentrano curiosità e aneddoti: vedi  Susan Bennet per SIRI, appunto); eppure il potere “evocativo” della voce di sintesi permane, e ci restituisce la corporeità dell’incorporeo, l’illusione di un essere pensante in nostro ascolto, in nostro soccorso. Fino al punto d’affezionarci ad essa. Nel film Her (qui il trailer), in uscita in Italia tra qualche mese, un uomo si innamora della sua assistente virtuale, Samantha, voce femminile del sistema operativo di un futuro prossimo. La voce è prestata da Scarlett Johansson che, durante la promozione del film, è entrata “in contrasto”, per così dire, con la voce di SIRI e le sue risposte sul film.

Dopo la riscoperta degli audiolibri, e con la diffusione dei libri digitali (in fondo: file di testo leggibili per sintesi vocale), forse l’ultima frontiera che ci resta da percorrere è scrivere una letteratura, e una poesia, pensata per voci di sintesi. Non dovremmo meravigliarci se la letteratura del futuro sarà declamata da voci campionate.

 

 

Commenti

commenti

0 Comments

Leave a reply

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>