ALLEGORITE

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di Matteo Pelliti

Lapis #05  (su l’allegorite)

La simbolizzazione del fattuale. La rotazione della nave Concordia, andata in onda il 16 settembre 2013, si presta a illustrare un fenomeno diffuso nei social media, la simbolizzazione del fattuale. Meglio, l’abuso dell’allegoria. Un evento, un accadimento di cronaca, più o meno eclatante, viene preso a pretesto, a modello, a spunto per risignificarlo, rivestirlo di una simbologia, metaforizzarlo per esprimere un pensiero su altro, generalmente su un altro evento che vive, contestualmente, di facile e diffusa presa mediatica. Siamo attratti dalle allegorie? No, è piuttosto un nuovo morbo della lingua: l’allegorite. Il tutto viene peggiorato, a volte, dalla coazione al motto di spirito (vedi prossimo Lapis #06): commento la cronaca e tratteggio la descrizione allegorica di un avvenimento X costruendo una sintesi ironica che faccia riferimento allusivo a un evento Y.

Ad esempio: “Dietro la morbosità dei media nell’osservare le operazioni all’isola del Giglio, forse, c’è qualcosa di più profondo della speculazione sul disastro celebre. Sembra muoversi un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un paese alla deriva che lentamente affonda, c’è speranza magari che si raddrizzi l’Italia e che torni a galleggiare.” (Roberto Saviano, Facebook, 16 settembre 2013, ore 13.10). Oppure “Se oggi si riesce con la Costa Concordia, domani Berlusconi chiederà la rotazione.” (Anna Mallamo – aka Manginobrioches, Facebook, 16 settembre 2013, ore 10.25)

Purtroppo questi “impronunciabili sogni da subcosciente” spesso vengono pronunciati ed è lì che l’allegorite colpisce: ecco i primi starnuti, le prime metafore affioranti nel discorso come eczemi, la pelle screpolata per la frizione delle similitudini, il tentativo di una comprensione della realtà più compiuta, più perspicua, solo per via…d’allegoria. Mi pare così di poter dire, in effetti, che il risultato del procedimento è il più delle volte solo un fronzolo retorico, e non un aiuto reale alla comprensione del reale. La strada presa nell’espressività contratta del discorso sui social net (tutto è simbolo, tutto allude ad altro) appare perfettamente contraria all’antico auspicio zavattiniano di un mondo dove “Buongiorno vuol dire davvero buongiorno”. Per questo capire non è più necessario.

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