Il situazionismo è al potere e io non sono contento

il bureau - contrappunto - situazionismo al potere

di Marco Viviani

Chiedere l’incarico di governo senza saper rispondere alla domanda su chi farebbe il Presidente del Consiglio è un’altra vetta impensabile dopo quella dei comunicatori che non comunicano. In soli due giorni il M5S è riuscito a smontare alcune pratiche consolidate – ci permettiamo di dire “polverose”? Ma sì, questo non farà di noi dei futuristi… – del rapporto fra la realtà propria e quella del potere. La relazione col potere e il détournement erano al centro del situazionismo, quella corrente neo marxista, avanguardista, che in tanti abbiamo studiato all’Università inebriandoci dello “Scambio simbolico e la morte”, della società spettacolarizzata.

Era il 1994 quando decidevo che mi sarei iscritto a Lettere e avrei studiato anche sociologia, quando Guy Debord, che del situazionismo era stato il nome più celebre, si tolse la vita con una rivoltella. Sarà stato anche per l’inevitabile revival, ma ricordo bene di aver fantasticato su quelle teorie col tipico snobismo senza sfumature del ventenne. Erano gli anni dell’indignazione, persino Berlusconi si lisciava Di Pietro offrendogli un ministero.

Passati vent’anni, il situazionismo è al potere. Eccolo. Solo che dopo averlo intellettualmente e snobisticamente desiderato nelle mie fantasie accademiche tanti anni fa, ora lo vedo e ammetto che avrei preferito restasse nei libri di Debord. E forse lo avrebbe preferito anche lui, che aveva coniato per la massa di ammiratori ciechi e sordi a ogni riflessione che lo costrinsero 15 anni dopo, nel 1972, a sciogliere il gruppo, la sprezzante definizione (profetica) di pro-situ.

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