il bureua -  contrappunto - Andreotti - lui è quello in mezzo

di Marco Viviani

Per spiegare l’impressionante coerenza autodistruttiva degli italiani si possono sprecare moltissime parole. Di recente, anche il bravo Gian Antonio Stella ha elencato tutti gli scandali politico-economici dell’Italia post unitaria a partire dalla Regìa Tabacchi (1869) fino al Monte dei Paschi. L’inventore dell’espressione “casta dei politici” se ne va in giro con un portatile a proiettare una infinità di slide in una commovente e nobile operazione di divulgazione storica, concludendo un po’ alla Montanelli: è colpa del nostro cattolicesimo se non abbiamo una coscienza, perché siamo stati allevati a demandarla e a pensare che con ipocrisia e lecchinaggio una assoluzione non si nega a nessuno (si alzi qualcuno a dire che non c’è del vero se ha coraggio).

C’è però una via più veloce per riassumere l’Italia contemporanea: basterebbe selezionare da un elenco oggettivo di tutti i politici italiani degli ultimi cento anni quelli che da soli rappresentano un’epoca. Il risultato sarebbe indiscutibile. L’Italia è stata negli ultimi 90 anni tre cose: il fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda Repubblica. Del primo ventennio l’uomo che lo simboleggia è Benito Mussolini. Dell’ultimo, Silvio Berlusconi. Andreotti è quello di mezzo, quello che si noterebbe perché – contrariamente a quello che si pensa – non sarebbe affatto meno basso a confronto degli altri due nonostante la celeberrima gobba.

Giulio Andreotti, scomparso ieri all’età di 94 anni, era già politicamente morto da alcuni anni. Lui, questa politica, non la capiva più. «Sgomento», l’ha definito tra i singhiozzi il suo Cirino Pomicino. Nell’ideale copertina di un volume di storia che volesse sintetizzare gli uomini che hanno ricevuto più applausi, più voti, i più influenti della storia d’Italia, non ci sarebbero dubbi: la Trimurti (ma uno in realtà sta benone) che ha governato questo Paese in quasi cento anni è composta solo da tre persone: Mussolini, morto in fuga e appeso a un distributore, Andreotti, morto nel sonno e nella quiete all’età quasi centenario e volatilizzato in un commentarium giornalistico in cui il termine più utilizzato è mistero (anche da parte di persone che l’hanno conosciuto e frequentato per mezzo secolo) e in  ultimo da Silvio Berlusconi. Basterebbero loro tre per dire tutto dell’Italia. E pochissimo su come sia possibile che un’Italia esista ancora.

Stando così le cose, se il karma è davvero in miglioramento per il mostro di turno che ci scegliamo e in peggioramento per noi che abbiamo avuto la faccia tosta di sceglierlo in qualità di popolo, l’attuale golden share di Berlusconi non è sul governo Letta, ma su qualcosa che non oso immaginare.

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