La tecnologia della Vita nel nuovo spot di Apple

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di Spotting Spots

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Questo nuovo spot della Apple sorprende per il cambiamento di stile a cui ci aveva abituato la famosa azienda californiana. Una voce suadente ci parla sulle note eteree di una musica rarefatta; si sussegue un lento montaggio di scene di vita quotidiana: semplici, emozionanti, poetiche. Una ragazza si estranea in metropolitana mentre ascolta estasiata la musica con gli auricolari; i bimbi a scuola partecipano impegnati; un padre stupisce il figlio facendo apparire un immagine luminosa sullo schermo del proprio tablet; una giovane coppia sotto la pioggia si bacia mentre si fa una fotografia; un uomo solo al bancone di un ristorante si diverte a scattare e condividere foto della propria cena; una folla vive l’intensità di un concerto rock; una coppia di anziani ride spassionatamente ad un ricevimento; infine, una giovane ragazza nell’intimità della propria camera manda messaggi al suo nuovo amore.

Si dice giustamente che la pubblicità da tempo non cerchi di vendere un prodotto, ma un’idea o un’immagine del mondo. Lo spot di Apple sembra fare di più, e ci propone addirittura una filosofia della tecnologia. La nuova tecnologia, benché incorporata in un oggetto fisico e concreto, non è tuttavia limitata a questo: una mente estesa (come dicono gli scienziati cognitivi) ha bisogno di una tecnologia diffusa. Non l’elogio delle caratteristiche tecniche del prodotto, ma la codifica della sua natura emozionale. Così, l’oggetto tecnologico non si oppone alla vita sociale e relazionale (come la vecchia TV), ma anzi la facilita e la promuove. Esso non è protesi di umane facoltà o della vita stessa, ma ormai substrato e condizione di essa.

Nell’immaginario Apple, l’oggetto – qui inteso come oggetto del desiderio consumistico – dilegua, e in sua vece appaiono gli elementi universali della vita sociale e affettiva del consumatore. Poche linee di prodotti (“poche cose, grandi cose”) che danno forma alla vita di innumerevoli utenti, ne toccano gli usi e i costumi, e ne sono toccati. Più che la differenziazione del prodotto, che è dappertutto uguale, conta qui la differenziazione dell’uso del prodotto, che è in ognuno diverso.

C’è pertanto qui una completa e articolata teorizzazione del consumatore nell’era dei social networks: colui che più che conformarsi all’oggetto di consumo, lo conforma egli a se stesso, non ne è posseduto ma lo possiede, fino a che l’oggetto si identifica con la sfera stessa della sua vita. Più che umana, la tecnologia è così umanizzata, ammorbitida, addocilita, e infine immaginata come struttura portante ma discreta della socialità individuale.

La tecnologia è vita perchè la vita, i mondi vitali, la Lebenswelt stessa prende forma, si articola ed esiste grazie al substrato mobile, “social” e “smart” della tecnologia Apple. La capillarità dei dispositivi permette la piena colonizzazione delle forme di vita da parte del prodotto, il quale tuttavia esalta il soggetto in quanto autore, cioè soggetto attivo e creatore, del contenuto della vita stessa e delle sue forme.

Se da una parte tale colonizzazione dei mondi vitali è il frutto dell’asservimento delle sfere più intime del personale e del sociale a una tecnica – ancorché a una tecnica “mite” e “buona” -, dall’altra essa rappresenta senza dubbio un momento di trasformazione profonda delle forme di soggettività e relazionalità. Queste nuove forme sembrano estendere le nostre potenzialità di comunicazione: ci incuriosiscono e ci emozionano e infine ci regalano un brivido di potere. Si noti che l’immaginario Apple riesce a mascherare, ma non a togliere, la dialettica tra l’autorialità personale di ognuno di noi nell’utilizzo del dispositivo e l’autorialità impersonale (“de-signed by Apple: questa è la nostra firma!”) del soggetto-marca nel farsi portatore di tale filosofia. Si instaura quindi un rapporto che si autosostiene tra il “consumatore inventivo” (“come vivi un prodotto”) e il produttore etico (“perché ogni idea che abbiamo migliori ogni vita che incontra”) che, in questo senso, dà la vita. Addirittura.

In definitiva, questo spot contribuisce all’idea di una svolta antropologica: esso finalmente ci consegna l’immagine di una socialità completamente mediata dalla tecnologia. Ma proprio così manifesta la natura artificiosa e retorica di questa immagine. Apple diventa inseparabile compagno di vita a patto che si faccia corrispondere la vita on line alla vita tout court. Questa filosofia della tecnologia esclude semanticamente quelle forme di vita che mediate dalla tecnologia, invece, non sono affatto: rimangono ancora territori non colonizzati dalla ragione strumentale e spazi non assoggettati al mito dell’homo tecnologicus, ma di questo Apple deve tacere, perché la visione che propone è già completa e totale. In questo modo lo spot mette in scena una trasformazione dell’immaginario collettivo: Apple prenda una parte della Vita, una particolare forma di vita (quella mediata dalla tecnologia) e la eleva a unica forma possibile. E’ in questa sineddoche – la parte per il tutto – che deve essere riconosciuto il vero slittamento semantico cui quest’immagine ci costringe: la trasformazione definitiva della Vita in vita sul supporto tecnologico.

 

 

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