vasco delacroix

di Roberto Morelli

Quando i primi iPad hanno fatto capolino nelle aule del parlamento: il “giorno zero”, l’inizio della fine. L’ignoranza (e non l’opposizione): ecco chi, fino a ora, ha salvato internet dalla gerontocrazia reazionaria e liberticida che ci governa. Ora qualcosa è cambiato, e mentre alcuni iniziano finalmente a godere delle infinite possibilità offerte della rete – a partire dalla libertà di sega – i più svegli avranno addirittura cercato il loro nome su google, e i risultati non devono essergli piaciuti per niente. D’altra parte hanno da poco imparato a giocare a Farmville, quindi inutile pretendere di spiegargli che la rete, nei paesi civili, vale già più soldi di tutto il sistema sanitario. L’ignoranza grottesca e provincialotta, l’irrisione e lo scherno del nuovo e del moderno, il voler entrare in qualunque campo dello scibile umano, a far strage di diritti civili, senza nemmeno sapere di cosa si sta parlando.

Il rapporto tra internet e politica non è altro che l’ennesima riproposizione di uno stanco cliché italiota: il paesino (o il campanile) che incontra il mondo, e gli sputa in faccia. Lo stesso che più di trent’anni fa Luciano Salce ha immortalato, a imperitura memoria, in quel capolavoro che è “Il secondo tragico Fantozzi”: il professore legato e in ginocchio mentre la massa compiaciuta e violenta, dopo aver bruciato “La corazzata Potemkin”, lo costringe a guardare per 2 giorni di fila “Giovannona Coscialunga, L’esorciccio e La polizia s’incazza”. A proposito, sto parlando del disegno di legge in materia di intercettazioni all’esame della camera in questi giorni. Una legge così schifosa e ridicola che non merita nemmeno d’esser menzionata all’inizio di un mio articolo. In sintesi: ti senti diffamato da un blog-sito-portale-facebook-qualunquecosa? Manda una bella rettifica.

Il blog-sito-portale-facebook-qualunquecosa avrà 48 ore per pubblicarla in risalto e senza risposta, altrimenti mega multa da 12500 euro (importo che è stato scelto tirando un dado, comprensivo del numero zero, per 5 volte). In preda a un attacco di panico strabico di massa, migliaia di minuscoli blogger che non contano niente stanno strillando da giorni:  «Non potrò più criticare i politici sul mio blog! Mi vogliono mettere il bavaglio! La democrazia è a rischio!», come se l’obiettivo della legge fossero loro… Il bersaglio sono piuttosto i grandi portali dell’informazione digitale, con milioni di accessi unici al mese, fino a oggi stranamente indenni dalla pervicace e pervasiva onnipresenza della politica italiana in ogni angolo del vivere quotidiano. Ma, come vi dicevo poc’anzi, in quelle sconfinate prateria di noia che sono le sedute parlamentari, ha fatto irruzione l’iPad.

Mentre i blogger mulinano scompostamente le braccia al grido di «Libertààààààà!!!», sull’italico web già si consumano schifezze ben più gravi e concrete del cosiddetto comma “ammazza blog” (che ancora deve diventare legge, e sicuramente non lo diventerà). Due su tutte, i verbali degli interrogatori di Totò Riina e Vasco Rossi (sono due fatti distinti). I primi, sottratti non si sa come dalla procura di Caltanissetta, sono magicamente ricomparsi sulle pagine di Repubblica. Qualche anima pia – dattilograficamente parlando – s’è presa pura la briga di riscriverli e pubblicarli nella versione digitale del quotidiano: colpo di scena! Dopo poche ore i pm di Caltanissetta fanno “sequestrare preventivamente” (Orwell chi?) la pagina.

In attesa di capire chi è quel cattivone che ha passato al giornale le carte incriminate, il “Toto Riina pensiero” – immortalato nei verbali letteralmente, non si sa se per dovere di precisione o perché anche i magistrati sono dotati di senso dell’umorismo – non s’ha da sapere. Ah, quasi dimenticavo la versione cartacea: incolume, trascrizioni comprese. Provate a immaginare infatti migliaia di carabinieri e poliziotti scatenati che, in giro per le edicole di tutta Italia, sequestrano una a una le copie del quotidiano… Ecco, se l’avete immaginato davvero è stato inutile, perché non è successo. Ma perché sulla carta sì e sul web no? Vi do ben due indizi: qual è l’anno dell’entrata in vigore della costituzione repubblicana? Eppoi: quando è arrivato internet in Italia? Parliamo infine di Vasco Rossi, uno degli ultimi residuati bellici della seconda guerra mondiale non ancora (del tutto) disinnescato. Negli ultimi mesi il talentuoso musicista (Hahahahahahahaha! Ehm, scusate…) è sbarcato in rete e, siccome internet viene ormai considerato un diritto fondamentale dell’uomo, nessuno ha potuto farci niente.

Vasco, che continua a inondare il suo profilo Facebook con piccoli video di quotidiana vita domestica che, a mio parere, stanno contribuendo a riscrivere dalle fondamenta il concetto di autismo, s’era messo in testa di querelare addirittura Nonciclopedia. È in rete da poco e, al pari dei nostri parlamentari – come tutti quelli che ancora devono capire la differenza fra web e la realtà -, già fa danni. A differenza dei verbali del gentiluomo corleonese, però, stavolta la storia è finita a tarallucci e vino (che sa di aceto). Il cantante ha ritirato la querela, e in cambio gli amministratori di Nonciclopedia – che intanto erano andati a cambiarsi le mutande – hanno cancellato la pagina sul rocker di Zocca (Hahahahahahahaha! Ehm, scusate…).

Uomo ricco e famoso schiaccia banda di ragazzini o, per usare le parole dei media, “è pace fatta”. Se Nonciclopedia fosse stata meno famosa, e se il fattaccio non fosse arrivato sui giornali, in radio e in tv (fenomeno che è anche conosciuto col nome di “boomerang di merda”), sarebbe finito in tribunale e, per il ragazzino di turno, sarebbe stata ipoteca della casa per pagare i danni. La morale è che prima di starnazzare su ipotetici bavagli legislativi, sarebbe forse il caso di riflettere innanzitutto sul bavaglio culturale tipico degli abitanti dello Stivale. Il primo (vedrete) non passerà mai, il secondo è già passato, da un pezzo.

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