Musica resiliente: Matt Elliott, Fiery Furnaces, Flaming Lips

il bureau - Bobi Raspati - Note Dolenti

di Bobi Raspati

Negli ultimi tempi la nozione di resilienza è diventata una cosa grossa. Dalle stanze umidicce degli scienziati, quella gente che noialtri non capiamo e un poco schifiamo pure, è colata tutt’attorno ai nostri giornali e alle nostre squallide vite. Dicesi resilienza la capacità di un dato (eco-socio-psico)sistema di adattarsi e reagire a uno shock. Normale che se ne parli un sacco, in tempi di crisi economica e dei costumi, di crisi dei consumi e di crisi d’identità. Abbiamo da soffrire e qualcuno, invece di stare pancia all’aria come farei io, cerca modi efficaci per convincerci a dilapidare con piacere i nostri denari. Esiste una musica resiliente? Proviamo a buttare giù qualche idea.

Della crisi del disco si è dibattuto in abbondanza, e qualche cenno l’abbiamo fatto anche noi su queste pagine. La crisi è del supporto fisico e un po’ anche della musica in sé. Come fanno i musicisti a campare e a produrre roba buona in tempi di download selvaggio, di smartphone e mp3? SOPA e PIPA incombono, Megaupload è stato stroncato dalla sbirraglia del diritto d’autore e Filesonic si nasconde dietro un dito (ti abbiamo visto tutti, un po’ di dignità!). Basterà questo per invertire la tendenza al ribasso nelle vendite o verranno escogitati altri modi per piratare il piratabile e diffondere il diffondibile? Nel frattempo il mercato è cambiato e con esso le abitudini d’ascolto, e uno degli effetti più evidenti è un rinnovato interesse per la musica dal vivo. Anche musicisti ed etichette provano ad adeguarsi. In Italia c’è gente come i Sikitikis che fa un disco tutto su Youtube (lo chiamano Disco-anti-disco, però abbiamo forti dubbi sulla qualità della musica). Tuttavia la dematerializzazione della musica quale appendice di uno spettacolo su LCD non è che una delle strade percorribili. Qualcuno prova invece ad entrare nelle nostre vite e nelle nostre case con altro coraggio.

Matt Elliott è un musicista capace e un ragazzo di saldi principi. Marxista impenitente, dalla drum’n’bass liquida dei Third Eye Foundation è da tempo approdato a un folk scarno e malinconico, il cui immaginario è nell’Europa continentale perduta. Il suo ultimo The Broken Man, pubblicato in questi giorni dalla piccola etichetta francese Ici d’aillieurs, costa soltanto 2 euro. La cosa in sé non è una novità, visto quel che succede su Soundcloud, ma mette di buon umore. Altri erano stati più ambigui. I Radiohead avevano reso disponibile al download il loro In Rainbows sulla base di una donazione volontaria, consapevoli di poter contare su decenni di promozione da parte della EMI e su un nucleo di fedelissimi che di euro gliene avrebbero dati tanti. In questo caso il prezzo è invece fisso, e nonostante la musica sia bella è un prezzo molto basso. Chi vuole il CD o il vinile, o l’edizione speciale con poster e amenità, può acchiapparli a un prezzo comunque decente (al massimo 35 euri). Chi vuole scaricarlo illegalmente faccia pure. Chi invece vuole dare due euro a Matt, ottimo cantautore della bellissima Bristol, fa una cosa sacrosanta. Primo principio per una musica resiliente: abbassare i prezzi del digital download è giusto e intelligente.

I fratelli Fiery Furnaces hanno pubblicato diversi album di pop psichedelico, un po’ cervellotici ma pieni di trovate divertenti. Di recente si sono presi una pausa di riflessione e durante il 2011 si sono buttati sui rispettivi progetti solisti. Se Eleanor ha partorito un album canonico (Last Summer), Matthew Friedberger ha invece sfogato la propria debordante creatività in una serie di otto vinili pubblicata dalla Thrill Jockey. L’idea c’è: ciascun vinile è composto e suonato con un solo strumento. Napoleonette solo piano e tastiere, Meet Me In Miramas chitarre, Old Regimes arpa, Cut It Out batteria e percussioni, e via così. Le partiture ricalcano quelle acidognole dei dischi passati ma i timbri variano paurosamente: il gioco, al di là della sua portata concettuale, può anche appassionare. Di sicuro è un atto significativo: sessanta e passa tracce sbocconcellate nel giro di un anno, sessanta composizioni leggere dedicate all’esplorazione di un’idea. Ma soprattutto otto dischi fatti per essere posseduti, toccati e collezionati. Più che ascolto si richiede l’adesione a un progetto. Più che fedeltà, fiducia. Secondo principio: abbi coraggio, rinuncia ai grandi numeri e punta dritto a chi ha voglia di seguirti.

Ormai pilastri del rock sballone internazionale, i Flaming Lips sono in età da semolino ma la cosa non gli va giù, e così ingollano l’ennesimo gerovital di una carriera quasi trentennale. Se gli anni ‘90 avevano dato luogo ai concerti per tubi di scappamento e autoradio nonché all’opera Zaireeka (quattro CD da suonare contemporaneamente), il 2011 ha offerto un ricco assortimento di variazioni sul tema – una sinfonia per dodici cellulari, un paio di performance nei cimiteri di Oklahoma City e Los Angeles e ben tre vampiristiche collaborazioni, accanto a Neon Indian, Prefuse 73 e Lightning Bolt. Ma soprattutto registra il tentativo del gruppo di compiere una piccola rivoluzione nella merceologia musicale. Prima stranezza, Gummy Song Fetus: fuori una gelatina alla frutta a forma di feto umano, dentro una chiavetta USB con tre canzoni, al costo di 35 dollari. Seconda stranezza, Gummy Song Skull, laddove le canzoni sono quattro e l’involucro da smangiucchiare è un teschio. Terza stranezza, Hollywood Cemetery Skull: per 200 dollari ti acchiappi il solito teschio commestibile, uno dei concerti cimiteriali e un cervello al sapor di marijuana. Quarta stranezza, l’ormai celeberrimo Strobo Trip. E cioè un cofanetto con una chiavetta USB, un paio di CD di cartone –  a irridere orpelli ormai stantii –  e una torcia per divertirsi con luci e lucine durante l’ascolto di I Found a Star On The Ground, un pezzo della durata di sei ore concepito come un vero e proprio viaggio lisergico. Quinta stranezza, 7SkiesH3. Il prezzo non è per tutte le tasche (5.000 dollari) e l’oggetto non è per tutti i gusti, visto che si tratta di un teschio umano con funzionalità di pennina USB, contenente stavolta un brano di 24 ore esatte. Dettaglio non indifferente, queste opere sono prodotte col marchio della Warner Bros, etichetta storica del gruppo. Insomma, l’idea di musica avanzata dai Flaming Lips è ormai sfacciatamente sinestetica: musica da mangiare, da tastare, da guardare, da vivere per ore e giornate intere, da ascoltare con tutto il corpo piuttosto che col solo udito. Terzo principio per una musica resiliente: dimentica il passato, trova nuovi materiali e nuovi supporti, divertiti e prova a divertire anche noi.

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