Venti dischi del 2015

il bureau - Bobi Raspati - Note Dolenti

di Bobi Raspati

Nel 2015 mi si è rotto il computer. E quando l’ho recuperato mi sono rifugiato laddove la rete langue. Scarsamente esposto ai venti della critica musicale i miei ascolti sono stati pochi ma approfonditi–quale rarità, quale stranezza! Ecco una lista di dischi pubblicati durante questo anno vissuto in modalità pre-internet, o quasi. Una classifica? Forse, ma come sempre non è altro che un gioco a perdere (la dignità): siate tolleranti. Non la più raffinata, non la più esaustiva. Ma pazienza, ecco i meglio dischi che ho avuto e consumato. E che vi consiglio.

20) Elysia Crampton – American Drift [Blueberry]

Già attiva sotto la sigla E+E, boliviana ma cresciuta tra Messico e Virginia, Elysia Crampton azzarda un’ecologia elettronica fatta di folk e frammenti industriali. Musica ibrida, nomade, religiosissima.

19) Arca – Mutant [Mute]

Venezuelano di casa a Londra, Arca non lo scopriamo certo oggi–tra gli altri è finito a produrre giganti pop come FKA Twigs, Bjork e Kanye West, imponendo la propria visione a canone dell’elettronica di questi anni qui. Questo è il suo secondo album, ed è di sicuro il più comunicativo.

18) Earl Sweatshirt – I Don’t Like Shit, I Don’t Go Outside (An Album by Earl Sweatshirt) [Tan Cressida]

Membro degli Odd Future accanto a Tyler The Creator e Frank Ocean, il rapper Earl Sweatshirt è ormai al terzo album. Scuro e psichedelico (che beat, che flow!), pienamente riuscito.

17) EEK Feat. Islam Chipsy – Kahraba [Nashazphone]

In Egitto si suona la maharagadan, o electro-chaabi, musicaccia digitale da ballare ai matrimoni. Islam Chipsy è un tastierista acidissimo, affiancato da due batteristi caciaroni.

16) Micachu and the Shapes – Good Sad Happy Bad [Rough Trade]

Dura appena mezzora ed è un elogio dell’abulia, una ribellione agli obblighi del lavoro-consumo 24/7. Malamente registrato durante una sola jam e poi condito dagli sbadigli di Mica Levi, il disco è figlio degenere della canzone post-punk inglese e dei club. Dimostra un talento melodico fuori dal comune, la capacità di scrivere canzoni nonostante tutto.

15) Mike Cooper – Fratello Mare [Room40]

Mike Cooper è un musicista leggendario, che ha saputo attraversare con grazia il territorio tra folk e avanguardia free. Questo è un lavoro elettronico condito da chitarra e registrazioni ambientali, tutto dedicato al mare.

14) Natural Information Society & Bitchin Bajas – Automaginary [Drag City]

Due membri dei krautrock CAVE dediti a drone gravi, i Bitchin Bajas, qui accompagnati dal jazzista Joshua Abrams e accoliti. Elettronica e folk, improvvisazione tra bordoni e tradizione.

13) Yoni Kretzmer 2Bass Quartet – Book II [OutNow]

Ottimo free jazz da New York. Yoni è un sassofonista, e il quartetto si avvale di batteria e due contrabbassi. Il nome di Albert Ayler è finalmente appropriato: non solo strepitii di sax, ma tanti accorati accenni a temi di musica popolare.

12) Joanna Newsom – Divers [Drag City]

Quarto album per l’arpista Joanna Newsom, senza dubbio il suo lavoro più etereo e trascendente–la novità è costituita dall’uso dei synth, e il racconto, cosmologico e ricorsivo, è da non perdere. La fanciulla si conferma una meravigliosa compositrice, scrittrice erudita e sfacciatamente ambiziosa.

11) Julia Holter – Have You In My Wilderness [Domino]

Compositrice avant prestata negli ultimi anni al pop, Julia Holter giunge qui al suo lavoro più solido. Arrangiamenti classici, suono cristallino. E grandi canzoni.

10) Makaya McCraven – In The Moment [International Anthem]

Figlio del batterista di Archie Shepp, Makaya McCraven è anch’egli un batterista prodigioso. Questo album è stato registrato durante un anno di residenza al Bedford di Chicago, piena Wicker Park. 48 ore di improvvisazioni accanto a personaggi cardine del jazz di quelle parti là–Jeff Parker, Joshua Abrams, Justin Thomas, De’Sean Jones–remixate in studio e chiuse in loop prossimi all’hip hop. Oltre l’hip hop, e oltre il jazz.

9) Ingrid Laubrock Anti-House – Roulette of the Cradle [Intakt]

Altro eccellente disco di jazz, qui di scuola Anthony Braxton e quindi avanguardista e sottile. La tedesca Ingrid Laubrock è una sassofonista rinomata, il suo gruppo vanta nuove dive del free internazionale come la chitarrista Mary Halvorson e la pianista Kris Davis (peraltro titolari di due tra gli album più interessanti dell’anno).

8) Jlin – Dark Energy [Planet Mu]

La footwork è un tipo di musica elettronica basata su fratture ritmiche e reiterazioni di sample minimali, generalmente associata ai nomi del fu DJ Rashad e RP Boo. La giovanissima Jlin costruisce qui un percorso futuristico e demenziale, irresistibile.

7) IOSONOUNCANE – DiE [Trovarobato]

Di sicuro un evento nel placido scorrere della musica italiana, un album finalmente coraggioso e originale. DiE è musica mediterranea senza tempo, attenta alle tensioni dell’elettronica globalizzata ma intelligentemente radicata nella tradizione (e quindi capace di scriverne una nuova, di tradizione). Psichedelia e vitalismo, Sardegna e mondo, il disco è un’accorta riflessione sulle relazioni uomo-natura, in cui i corpi si plasmano uno nell’altro. E rinunciando alla malinconia, si gettano nel mondo.

6) Vince Staples – Summertime 06 [Def Jam]

Appena ventiduenne, Vince Staples è uno dei migliori nomi del rap californiano. Ottimamente prodotto da No I.D. e Clams Casino, questo disco adagia alla perfezione vibrazioni latine nel corpo dell’hip hop.

5) Tal National – Zoy Zoy [FatCat]

Nel corso di quest’annata in tanti si sono appassionati all’afrobeat elettronico (a posteriori) di Mbongwana Star e Owiny Sigoma Band, forse interessante ma dal forte retrogusto neocoloniale. Il mio cuore continua invece a battere per i Tal National, colossali musicisti dal Niger. Questo qui è il loro secondo album: poliritmia, sezione ritmica spaventosa, chitarre circolari intricatissime e vocalizzi sorprendenti, la loro musica continua a lasciare a bocca aperta.

4) Pearson Sound – Pearson Sound [Hessle]

Già attivo sotto il nome di Radamanman, il giovanissimo londinese David Kennedy fa dei beat storti e freddi. Questa raccolta è più che godibile, a mio parere la migliore raccolta di beat di quest’annata qui.

3) Matthew Shipp Trio – To Duke [Rogue Art]

Matthew Shipp, forse il miglior pianista jazz della sua generazione, da decenni assimila compiutamente avanguardia e tradizione, jazz e hip hop. Qui si confronta con l’eterno canzoniere di Duke Ellington, supportato da un tappeto percussivo espressionista: la sua rivisitazione in chiave free è rispettosa ed eterea, di certo attualissima.

2) Hieroglyphic Being & J.I.T.U Ahn-Sahm-Buhl – We Are Not the First [RVNG]

Produttore elettronico di Chicago ispirato alle visioni di Sun Ra e qui accompagnato dal Marshall Allen, da decenni leader della Arkestra (e da tanti altri grandi nomi del free internazionale, quali Elliott Levin, Daniel Carter, Shahzad Ismaily, Ben Vida). Un suono cosmico, techno-jazz, che dilata tradizioni e consuetudini.

1) Kendrick Lamar – To Pimp a Butterfly [Top Dawg]

Ecco qui: avevate forse dei dubbi? Ma che davvero non conoscete questo disco qui? Dico, e cosa aspettate? Un paio di parole per convincervi. Kendick Lamar è il rapper più dotato dagli anni ’90 in poi, musicista immenso e scrittore eccellente. Questo è il suo terzo album, ed è un’opera grandissima nelle intenzioni e nei risultati. Un trionfo artistico, estremamente complesso eppur fruibile. Un tributo alla musica nera in tutte le sue declinazioni, e dunque alla musica tutta–George Clinton, il jazz, Tupac. E infine un enorme successo di pubblico: un ottimo segno per il 2016.

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