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Saverio Pesapane ha girato un documentario sulla rivoluzione e sulle elezioni in Egitto viaggiando dal Cairo ad Aswan, tra Dicembre 2011 e Giugno 2012. Con la Biennale dell’Architettura di Rotterdam, dove è in mostra un’anteprima del lavoro, ha prodotto un film. Le riprese sono iniziate al Cairo nel mese di Dicembre 2011, e continueranno per tutto il 2012. 

Questo è un pezzo del suo viaggio

Siamo pronti. Abbiamo preparato le camere, i microfoni, e faccio a Mustafa la prima domanda. Oggi ad Al Monshaah c’é il mercato, abbiamo scelto una strada laterale poco trafficata per fare l’intervista. Mustafa lavora nell’amministrazione scolastica del suo villaggio e dopo aver passato con lui un paio d’ore nelle quali ci ha guidato per le strade del villaggio dove vive decido di chiedergli un’intervista. Mi aspetto di finire in pochi minuti come per le altre interviste con persone incontrate per caso lungo la valle del Nilo, mentre viaggiamo verso sud per realizzare un documentario. Le persone qui sono generalmente sospettose, c’é una sorta di paranoia diffusa riguardo la mancanza di sicurezza in questi tempi in Egitto, e molti danno per buona la possibilità che una troupe in giro per la valle del Nilo che realizza brevi interviste sia in realtà un gruppo di spie del Mossad. Per sincerarsi della nostra estraneità rispetto al mondo dei servizi c’è quasi sempre bisogno di una lunga chiacchierata chiarificatrice, con tanto di guide locali che assicurano sulla bontà delle nostre intenzioni.

Mustafa però non si limita a rispondere alla domanda, ma inizia un discorso che parla del suo paese, della situazione al Cairo e nella valle del Nilo dopo la rivoluzione. E questo discorso fatto ad alta voce attira l’attenzione delle persone. Mustafa è molto conosciuto nel villaggio, e nel giro di 5 minuti una folla di decine di persone si accalca per ascoltare il comizio.

Sono ormai due settimane che stiamo viaggiando nella valle del Nilo, dal Cairo ad Aswan, per girare un documentario per la Biennale di Rotterdam, ed abbiamo intervistato decine di persone, molte delle quali incontrate per caso come Mustafa. La maggior parte rispondeva alle domande con brevissime risposte, a volte monosillabiche. Mentre eravamo al Cairo le persone che incontravamo ci parlavano di questi posti come di una terra quasi sconosciuta ai cittadini della città che loro chiamano umm al-dunya, letteralmente “la madre del mondo”. L’Egitto è un paese profondamente Cairocentrico, e gli abitanti della capitale conoscono la valle del Nilo solo come luogo che conserva alcuni tra i piú importanti luoghi archeologici del mondo.

Lungo il Nilo si sviluppa una gigantesca città lineare, con una densità abitativa più alta di molte metropoli, e le persone che vivono qui vivono da lontano gli eventi che hanno trasformato il loro paese, nonostante molte delle manifestazioni di lavoratori che secondo molti hanno aperto la strada alle grandi proteste di piazza Tahrir, siano nate qui, a sud del Cairo.

Mustafa sta ancora parlando ed oramai è inarrestabile. Il suo discorso si sposta dalla rivoluzione che li ha lasciati senza sicurezze, allo sconforto per la mancanza di infrastrutture del luogo in cui vive, ed è una sorta di compendio delle paure e della lamentele di quella parte del paese che la rivoluzione l’ha vissuta attraverso gli echi che arrivavano dal Cairo, e che probabilmente ancora oggi non ne comprende la portata. Il suo discorso è appassionato e coinvolgente, e la situazione ad un certo punto inizia a sfuggirci di mano, le persone di accalcano dovunque e arrivano a coprirlo, qualcuno urla di fare spazio e lo vediamo riapparire ancora preso nella sua arringa contro i mali del paese. Il traduttore che è con me mi fa segno di interrompere, non gli sembra una situazione del tutto sicura, ma decidiamo di lasciarlo parlare ancora un po’, finché non decide di concludere raccontando la storia di Umar ibn al-Khaṭṭāb, il secondo califfo islamico, un uomo che secondo la leggenda che Mustafa racconta dopo aver regnato poteva dormire in strada senza alcun timore grazie alla sua fama di uomo giusto. Mustafa conclude il suo racconto e la folla applaude. Il fatto che Umar sia stato il primo dei successori del Profeta a morire assassinato non ha, agli occhi di Mustafa e delle persone del suo villaggio, grande importanza.

Saverio Pesapane

 

Support: Campagna indiegogo

 

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