il bureau - testata

di Roberto Morelli

Sei mesi fa, ben prima dell’exploit elettorale di febbraio, avevo scritto che il M5S, una volta a contatto col potere (quello vero), si sarebbe avvitato. Un’analisi fondata puramente sul’empirismo: ho frequentato a lungo il blog di Grillo, bazzicando nella sezione “commenti” fin dalla sua fondazione. Sull’incredibile vicenda (e sulla sorte) toccata ad Adele Gambaro è davvero inutile stupirsi, l’aria pesante da caserma nera è lì da sempre, da anni.

Ciononostante la cacciata di Adele Gambaro è stata un susseguirsi di episodi così grotteschi e imbarazzanti che tacer non si può. Partiamo dalla fine, dalla Senatrice rimessa al giudizio della rete: indovinate come finirà? Da far impallidire la Bulgaria e le sue elezioni “democratiche” di una volta; ultimo artificio demagogico (e ipocrita) per finire il lavoro sporco, ma con le mani pulite. La massa per definizione ha sete di sangue, la massa grillina, educata a pane e «SVEGLIA!!1! KASTA!!!111!», è un’epitome dei peggiori meccanismi di deresponsabilizzazione tipici della psicologia delle masse.

Epilogo ponziopilatesco della Gambaro a parte, tra le tante schifezze proto-fasciste che da giorni vanno avanti da quelle parti, c’è sicuramente il trattamento riservato a Paola Pinna: una delle poche che ha avuto il coraggio di chiamare i talebani col loro nome, ovvero talebani. Per il deputato Manlio di Stefano è: «Una Cosetta dei Miserabili laureata, disoccupata, che viveva con i genitori a Quartuccio, Cagliari, e con 100 voti 100 è diventata deputata al Parlamento». Lui, invece, è addirittura un ingegnere informatico, ma si sente irresistibilmente migliore, a quanto pare. Poi la deputata Lombardi (sulla quale andrebbe scritto un saggio a parte. Breve, per carità!) rincara col vero evergreen di questi mesi: l’accusa di volersi intascare tutta la diaria parlamentare.

Un feticcio/ossessione che ha portato in questa caricatura di partito un clima da purghe staliniane, sguardi in cagnesco, il sospetto eletto a regola, tale da far fuggire quasi la metà dei loro elettori. Questo fascistume posticcio, nei loro modi di fare, lo si ritrova ovunque. La Gambaro, dopo il reato di lesa maestà nei confronti del Duce – che via blog l’ha appunto chiamata “a giudizio” (eh?!?) –  si è rifiutata, parole dello staff 5 stelle: «di chiedere scusa all’assemblea». Magari piangendo e ingoiando per penitenza un litro di olio di ricino… Apriti cielo: si è rifiutata di chiedere scusa! À la guillotine! E le minacce di morte? E le ritorsioni via Facebook? Per non parlare della manifestazione pro-Grillo davanti a Montecitorio: puro imbarazzo, c’era perfino Paolini (sì, quello lì) che incantava le folle 5 stelle con dichiarazioni d’amore e cieca appartenenza.

La triste verità (povero Civati, troppo intelligente rispetto agli interlocutori) è che con queste persone è inutile parlare. Inutile ricordargli l’articolo 21 della Costituzione, inutile ricordargli il 67, sul divieto di mandato imperativo – che Grillo non a caso vorrebbe cancellare subito perché: «permette ai parlamentari di fare ciò che vogliono» – , è tutto inutile.

Le dinamiche psicologiche e comunicative sono le stesse di qualunque forum complottardo voi possiate trovare in rete; come il sito sulle scie chimiche: chiunque si azzardasse a dubitare che il NWO le stesse spargendo sui cieli di “Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini“ come anticamera del dominio mondiale, era automaticamente al soldo del nemico, un agente infiltrato. Come tutti i gruppi rinsaldati solo dal pattume digitale stile guerrilla marketing, e dall’odio indefinito contro la KASTAA!!11!!, non dureranno ancora a lungo.

Chiunque abbia una seppur minima educazione ai valori liberali e democratici (alla facoltà di ingegneria non li insegnano, pare) è fuggito da tempo. Il mio addio risale al 2010. Che combattano pure le loro guerre, che impicchino i traditori e che brucino le streghe. Se non fosse un orrendo peccato gettare nel cesso così milioni e milioni di voti, ci sarebbe solo da ridere e sperare che gli infermieri li portino via, presto.

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