ANALFABETI TRADIZIONALI E DIGITALI

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di Tommaso Matano

 

Il 97 % della popolazione italiana sopra i 16 anni possiede un telefono cellulare, il 62 % ha uno smartphone. I dati emersi a febbraio dall’indagine Nielsen  “The Mobile Consumer – A global snapshot”, pongono l’Italia tra i primi paesi per l’utilizzo dei telefoni intelligenti. Fatto curioso, visto che l’indagine OECD pubblicata lo scorso ottobre riporta un dato di segno opposto: un italiano su quattro non ha mai o quasi mai usato un computer.

Due tendenze apparentemente contraddittorie, dunque, caratterizzano il nostro Paese. Mentre il 35% della popolazione ha due o più telefoni cellulari, il 2,5% dei soggetti tra i 16 e i 65 anni non ha mai visto un mouse.

Cambiano le capacità richieste dalla società – ovvero le condizioni necessarie a considerarci “alfabetizzati”, e d’altronde cambia il mercato tecnologico: secondo SIRMI nel secondo trimestre 2013 (rispetto all’anno passato), in Italia scendono le vendite di computer fissi (-14,8%) e notebook (- 26,1%) mentre salgono quelle di tablet (+92,8%). In totale la decrescita della tecnologia digitale in Italia nel 2013 si attesta su una percentuale del -2,5%, anche se per la fine dell’anno è previsto un lieve recupero.

Nel complesso, la flessione negativa del mercato delle nuove tecnologie può essere spiegata alla luce della crisi economica, mentre per giustificare la mania italiana per gli smartphone forse bisognerebbe appellarsi all’antropologia.

Il dato più allarmante del rapporto degli italiani con le ICT (Information and Communications Technology) resta però quello riguardante l’analfabetismo funzionale. Non sappiamo usare questi nuovi strumenti, che pure, secondo l’OECD, sono necessari per poter esercitare le nostre funzioni basilari di cittadinanza.

Non si tratta solo di un problema di digital divide, anche se è rimarchevole il fatto che in Italia il 43% delle famiglie non ha ancora accesso ad internet. L’OECD mette in guardia sul fatto che l’incapacità di utilizzare le tecnologie dipende dai deficit nelle competenze generali che si acquisiscono con la scolarizzazione.

In altre parole, se non sai comprendere un testo, difficilmente potrai usare un tablet. 

E’ tra i 16 e i 24 anni che si registrano le migliori prestazioni in ambito letterario, matematico e nell’uso delle tecnologie. Ed è sempre tra i giovani che troviamo, secondo i dati ISTAT sul 2012, i più accaniti lettori. Nel 2012 hanno letto almeno un libro nel proprio tempo libero solo il 46% delle persone in Italia (leggono il 51,9 % delle femmine e il 39,7 % dei maschi). Tra questi, chi legge di più sono i ragazzi tra gli 11 e i 17 anni (60,4%), quando frequentano ancora la scuola.

Nonostante ciò, anche l’alfabetizzazione dei giovani italiani risulta essere drammaticamente bassa, rispetto agli altri paesi coinvolti nell’indagine OECD: solo un italiano su quattro, tra i 25 e i 34 anni, è laureato.

Cosa dicono tutti questi dati?

Non importa che i nativi digitali (il 30% dei bambini in Italia tra i 5 e gli 8 anni gioca con un dispositivo dotato di touch screen) disimparino il gesto di sfogliare un libro, abituati fin da subito a scorrere le pagine di un iPad: ciò che conta è che imparino a leggere, indipendentemente dal supporto.

L’Italia sta rimanendo indietro per quel che riguarda la capacità di utilizzare e gestire le nuove tecnologie. Il problema, però, più che essere circoscritto alla cultura digitale, sembra dipendere da una carenza sostanziale nell’ambito dell’educazione e dell’apprendimento tradizionali. Resta dunque fondamentale porre tutti i cittadini nelle condizioni di poter votare un referendum online dalla propria abitazione. L’importante è che prima questi stessi cittadini vengano messi in condizione di capire cosa sia, un referendum.

 

Fonti: Nielsen.com; OECD (2013), OECD Skills Outlook 2013: First Results from the Survey of Adult Skills, OECD Publishing; SIRMI; Istat;

 

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