Il Quirinale parla, i falchi strepitano

Quirinale

di Marco Viviani

La nota del Quirinale sul caso Berlusconi ha scatenato prevedibili polemiche a proposito del destino di un leader politico condannato in ultima sede ed escluso temporaneamente dai pubblici uffici e sulla opportunità di un intervento istituzionale. Nel famoso “Paese normale” l’unica conseguenza di una sentenza di questo genere sarebbe l’esclusione dalla politica per un tempo compreso tra oggi e per sempre – o quanto meno per un tempo più lungo del mero rispetto della sentenza – ma in Italia non esiste una pubblica opinione classicamente intesa, piuttosto una serie di tifoserie contrapposte.

Ad un’analisi superficiale le due fazioni più irriducibili sarebbero quelle del Fatto Quotidiano e del Giornale: gli editoriali odierni di Travaglio e Sallusti vanno in direzione opposta, l’uno accusando il Presidente Napolitano di essersi occupato del cittadino Berlusconi insinuando nella prassi istituzionale una specificità quasi anticostituzionale (Berlusconi non è un cittadino come gli altri? Vergogna!), l’altro plaudendo la rottura del silenzio del Quirinale (Berlusconi non è un cittadino come gli altri, bravo!). Chi ha ragione? Ovvio, nessuno dei due.

Le due fazioni più contrapposte di questo paese in realtà vedono l’Italia nello stesso specchio deformato, come fosse una gigantesca aula di tribunale. L’ossessione giudiziaria di Travaglio è nota, ed è identica a quella dei fanatics berlusconiani, con la differenza che questi ultimi sono terrorizzati dall’immagine che vedono riflessa.

Sostenere che intervenire sull’aspetto politico del caso Berlusconi è offendere il principio che la Legge è uguale per tutti, fa comodo a entrambi gli stormi di falchi, pro e contro, ma confonde la legge con tutti gli altri aspetti della politica. Che Berlusconi sia uguale davanti alla Legge è evidente, visto che è stato condannato, meno evidente che il cittadino Berlusconi sia un cittadino molto speciale. Affermare un principio non significa offendere l’altro. L’Italia non è solo un’aula giudiziaria, ma rischia di diventarlo grazie ai soliti editoriali contrapposti di quel grumo di interessi, visioni e passioni che fingono di detestarsi e poi si intendono strizzandosi l’occhiolino. L’altro, quello aperto, guarda a Napolitano: cordialmente detestato.

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