INSEGUIRE I MULTISALA È CONDANNARSI A MORTE

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di Roberto Morelli

 

Oswald Lang gestisce il cinema del “Filmclub” di Bolzano, che fa di quello d’essai il cuore della sua attività. Con lui si è parlato del rapporto fra multisala e sale indipendenti, dei problemi legati alle politiche della distribuzione italiana, delle possibilità reali di sopravvivenza dei “piccoli” al sopravanzare di cineplex sempre più enormi.

Oswald Lang, come si fa a sopravvivere a nemmeno 500 metri da un gigantesco multisala?
Ci siamo avvantaggiati innanzitutto della particolarità dell’Alto Adige: zona bilingue, un’occasione straordinaria. Penso che trovare una dimensione particolare, legata al territorio di appartenenza, sia essenziale per costrursi un pubblico fedele, che è tutto per una realtà piccola come la nostra. Fin da 30 anni fa, quando abbiamo iniziato, abbiamo sempre puntato sul cinema d’essai e messo in secondo piano i blockbuster, con tutte le conseguenze del caso.

Una scelta vincente?
Parte del nostro pubblico ha risposto in modo molto positivo. Il pubblico più giovane però ha sempre chiesto perché non facessimo un Harry Potter, o uno Spiderman o via così. C’è un conflitto generazionale, o direi ancor meglio culturale, fra loro e la fascia che va dai 40 anni in su. Abbiamo cercato di unire i due mondi, alternare i blockbuster alla Corazzata Potemkin senza nemmeno i sottotitoli, ma non ha funzionato. È fondamentale differenziarsi per sopravvivere, non rincorrere per forza tutte le fette di mercato. Inutile provarci.

Questa resa ai multisala quanto vi è costata?
L’arrivo del mutisala qui in città è stata una sorta di liberazione a voler cogliere l’aspetto positivo. Siamo potuti tornare al 100% alla nostra programmazione di spessore, fidelizzare il nostro pubblico che non si è sentito più deluso perché magari occupavamo una sala per 3 settimane con un film senza valore culturale.
Parlando di incassi però è stato un disastro: il calo è stato di circa il 25%. La diminuzione di pubblico si attesta sulla stessa percentuale.

Non potreste dare un film commerciale di tanto in tanto per diminuire i danni?
La distribuzione italiana ha molte colpe nel rendere questa ipotesi non praticabile. Si arroga il diritto di non dare un film a una certa sala e di darlo invece a un’altra. Un comportamento incomprensibile all’apparenza, dato che il distributore prende il 50% degli incassi al botteghino di ogni copia. In realtà lo fa perché non accetta di dare un blockbuster ogni tanto, ma vende veri e propri pacchetti di film commerciali. O li prendi tutti o non te ne danno nessuno. Così magari, per programmare un Batman, a Natale, ti trovi costretto a proiettare l’ultimo cine-panettone. Niente ciliegina se non compri tutta la torta.

Riuscite comunque ad andare avanti con la sola programmazione d’essai?
Con i soli incassi al botteghino no. I contributi pubblici sono essenziali. Le spese che copriamo col botteghino, nonostante le nostre sale siano spesso piene, sono circa il 70% del totale. Il restante 30 % è necessario che arrivi dai contributi pubblici. Organizzare un piccolo concorso cinematografico, come facciamo noi, assicurare una programmazione culturale per avere i contributi europei destinati alle sale indipendenti. I modi per avere dei contributi ci sono, e chi non ha saputo accedervi ha già chiuso da tempo. Si potrebbe forse rinunciarvi a patto di alzare sensibilmente il prezzo del biglietto, ma non è una strada praticabile secondo noi.

Avete rinunciato anche al cibo in sala…
Abbiamo deliberatamente eliminato pop corn o altri snack dal nostro cinema. Così come una persona non si sognerebbe mai di sgranocchiare durante un’opera lirica o uno spettacolo teatrale, allo stesso modo pensiamo che non lo debbano fare nemmeno durante un film. Vuol dire rinunciare a molte migliaia di euro di incasso annuo, ma ci rende coerenti con i fini culturali con cui mandiamo avanti questo cinema.

Come avete affrontato invece la rivoluzione dei proiettori digitali?
I proiettori digitali hanno falcidiato le sale già un po’ deboli. Una rivoluzione dettata unicamente dalla grande industria cinematografica mondiale, soprattutto americana. Favorisce i cineplex e il resto, che non fa mercato, può anche sparire. Ha portato sicuramente un bel risparmio per i produttori, non più costretti a fare le copie 35mm. Niente oggi viene più distribuito in 35mm: pochi ce l’hanno fatta ad adattarsi, moltissimi hanno chiuso. Un proiettore digitale costa circa 60mila euro, aggiungendo tutte le attrezzature collaterali e le spese per climatizzare la cabina si arriva tranquillamente a 80mila euro. Per una struttura come la nostra, fatta da 3 piccole salette, sarebbe stata una spesa di 240mila euro. Improponibile per i cinema indipendenti. Agli spettatori in ultimo il digitale non ha portato niente, se non un leggero miglioramento della messa a fuoco, così almeno ci dicono i nostri habitué.

Il futuro del cinema d’essai?
Il futuro è in un rapporto più diretto con gli artisti indipendenti, che girano produzioni a basso budget ma che trovano in sale come la nostra il luogo d’elezione per presentare i loro film. Avere il regista o gli attori o membri del cast presenti fisicamente in sala è un impulso enorme per il pubblico. Quando organizziamo eventi del genere la sala è sempre stracolma. Creare un rapporto così diretto tra pubblico e cast è qualcosa di speciale e noi su questi piccoli eventi in futuro ci baseremo sempre più. Con un’offerta alternativa, proposta al pubblico in maniera attraente, forse le sale indipendenti ce la possono ancora fare. Inseguire i multisala è condannarsi a morte.

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