CIRO DE CARO: “TENTARE DI FARSI PRODURRE IL PRIMO FILM IN ITALIA È UN PO’ COME PROVARE A VINCERE LA LOTTERIA”

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di Alfred MacGuffin

 

Nel momento in cui scrivi una mail a Ciro De Caro per chiedergli un’intervista, la prima cosa che ti può venire in mente è che dopo il successo del suo film ‘Spaghetti Story’, quella mail potrebbe non essere mai letta, causa tantissimi impegni. E invece, poco meno di un’ora dopo, questo dubbio viene meno. Non solo perché lui ti risponde dopo meno di un’ora, ma inoltre si dichiara disponibilissimo e ti offre subito del tu.

E allora iniziamo subito con il capire come è nata l’idea di Spaghetti Story, dopo dieci anni di lavoro dietro una macchina da presa nel mondo della pubblicità, la decisione di puntare sul cinema.

Io ho sempre voluto fare cinema, è per questo che ho deciso di fare il regista. Di film mai andati in porto ce ne sono stati diversi, allora ho deciso di raccontare qualcosa di personale senza preoccuparmi di fare qualcosa di “costruito” per rispondere a tutte le richieste del “mercato”. Così è nato Spaghetti Story, dall’esigenza di fare un film vero che raccontasse in maniera sincera e non superficiale un mondo e dei personaggi che conosco.

Quello che fa più rumore, secondo me, sono i soli 15mila euro di budget e gli 11 giorni che ti sono serviti per girare Spaghetti Story, senza contributi pubblici. In più di qualche intervista ho letto queste tue parole: “Non potevo aspettare dei finanziamenti perché altrimenti forse il film non avrebbe mai visto la luce”. E’ un po’ come dire che se tu non fossi stato così deciso, probabilmente questa pellicola non esisterebbe ancora. Insomma, un regista al suo primo lungometraggio in Italia, quante difficoltà può trovare per vedere che la sua opera venga realizzata (che poi è un po’ anche quello che racconti nel film. Più che la sola precarietà, è l’arte di doversi arrangiare che contraddistingue la nostra generazione)? E tu come ti sei mosso?

Mettiamola così, tentare di farsi produrre il primo film in Italia è un po’ come provare a vincere la lotteria. Io sapevo che potevo contare sull’aiuto di amici professionisti e che con le capacità e l’esperienza che avevamo e con la conoscenza dei nuovi mezzi tecnologici, potevamo fare un bel film tecnicamente parlando, poi credo che il merito e il successo del film però non risieda nel fatto che è costato poco e che è tecnicamente valido. Credo che quello che conta è la storia. La gente va a vederlo perché vede dei personaggi veri, si immedesima, partecipa, ride e si emoziona. Senza personaggi e senza storia un film non va da nessuna parte.

Voglio concludere chiedendoti un parere su quello che scrive Martin Scorsese in una lettera alla figlia sul cinema del futuro: film visti in piccole sale o online e prodotti con pochissimo budget perché la tecnologia permette adesso di montare e mixare anche a casa. Tu come lo vedi il cinema del futuro. Ci saranno più esperienze come la tua o saranno ancora le grandi produzioni a farla da padrone?

Non so quale sia il futuro del cinema, dall’invenzione della ruota l’uomo ha sempre creduto che le cose si potessero fare in una maniera e poi… Insomma, si pensa che un film debba essere fatto come si è sempre fatto, io non lo so dove ci porta il futuro, siamo alle soglie di qualcosa di nuovo ma non so cosa. Quello che spero è che i film si continuino a vedere al cinema, perché credetemi, è tutta un’altra cosa. Un film al cinema è più bello, e non lo dico con falsa retorica, è davvero più bello, sia tecnicamente che emotivamente.

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