nicola 1

di Nicola Cappelletti

La colpa probabilmente è dei videogame. Ho giocato troppo ai videogame. Come tutti voi. Sapete anche voi cosa significa credersi immarcescibili.

Non ammettere mai che quella fase è passata, quegli anni andati, che quella ragazza ti ha sfanculato, quella casa è venuta giù, che quegli amici sono spariti, e quegli altri stanno male, poveri loro, davvero male. Ritrovarsi a tentare di vivere gli anni e i decenni traslati, spostati nel tempo in date non corrette, ripetendo i comportamenti e i cliché anche quando cambiano. O provare infinite volte l’inizio della storia, tornando indietro alla partenza al primo errore, alla prima manifesta difficoltà. O semplicemente cambiando scenario, sperando in un percorso più agevole.

L’impazienza ci consuma, ma in realtà perdiamo tempo, e non andiamo in profondità. Ci priviamo della scoperta di tutti i suoi momenti. Non è giusto, non è corretto, non è umano. Non so se da qualche guru del marketing o dall’euforia degli anni ottanta, ma siamo stati ingannati da qualcuno. Siamo stati abituati a pensare di avere un numero sì limitato di vite, ma di sicuro più di una, potendo riconquistarle, ricominciando livelli e stadi infinite volte, studiando i nemici, conoscendone i punti deboli, riuscendo a individuare e prevenire tutte le insidie. Divenendo più forti grazie alla ripetizione del tempo, grazie al suo annullamento. Indebolendoci, in realtà, fin dal primo momento in cui abbiamo applicato tutto questo alla vita reale.

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