dove sono i nerd

di Alessio Dell’Anna

Fin dagli anni ’80, quando l’iconografia nerd ha iniziato a prendere piede, il sogno dei timidi, dei secchioni, e degli emarginati, era sempre stato quello di ritagliarsi un posto nella fasce più note della società,  senza mai, ovviamente, riuscirci. Culturalmente superiori, rintanati in nicchie di qualche sconosciuta serie fantascientifica, la loro epopea è stata celebrata in film come “La Rivincita dei Nerds”, “Porky’s”, o serie come “Zero In Condotta”: momenti in cui ai nerd veniva tributato il giusto riconoscimento e la simpatia che meritavano per i loro goffi modi di fare che li portavano a scontrarsi con chi godeva di maggior fama e notorietà.

Oggi però tutto questo è cambiato. La moda veste nerd e parla il linguaggio nerd. Il non conformismo è diventato il nuovo conformismo, e il look che una volta veniva etichettato come “secchione” è oggi quasi un must per chi vuole dare sfoggio di sé. Era l’occasione che molti aspettavano per esprimersi  –finalmente, si può dire- con un modo di apparire non necessariamente legato all’espressione violenta di sé, ma più a un’ esteriorizzazione del proprio modo d’essere non barbaro, ma civile, e in certi casi colto. Via Nike Air Max, giubbotti smanicati, e cappellini da gangsta, e dentro mocassini, giacche a spalline anni settanta ed eleganti cappelli panama. In poche parole una trasmigrazione collettiva da Footlocker a Zara. Per non parlare degli occhiali da vista con montature sproporzionate alla Buddy Holly (il simbolo assoluto della cultura nerd) che hanno spazzato via per sempre i tamarrissimi Gucci a mascherina. E così, favoriti dalla ricerca di uno stile meno sgargiante e più ricercato, molti nerd passano dall’altra parte della barricata, quella di chi fa tendenza. Un’improvvisa popolarità che ha modificato alle basi i capisaldi della cultura nerd stessa, per definizione impopolare, ma non per questo trasformandosi in un movimento meno conformista e, intrinsecamente, e stupidamente, tamarro. Che cos’è successo? Il processo ha investito anche agli ex tamarri pentiti che, mescolandosi ai codici della cultura nerd, hanno creato un ibrido sociale devastante. Individui che fino a ieri ignoravano, o schernivano, culture non propriamente “di massa” (a qualunque tipo di cultura facciamo riferimento) se ne sono fatti profeti, rinnegando apparentemente un passato anonimo da consumatori assidui di cinepanettoni e artistici neomelodici.

Per dare un’idea: esco vestito come un Beatle dell’era Decca, torno a casa, controllo che il ciuffone alla Elvis abbia retto per tutta la serata, poi accendo l’ipod e mi addormento sulle note di Rosario Miraggio.

Insomma, l’abito, che notoriamente ha sempre fatto il monaco, oggi è diventato veicolo per esprimere una cultura alla quale non si appartiene, e uno stile che non si possiede. Codici con i quali una volta si identificava un certo tipo di personalità hanno finito per diventare ridicole mascherate necessarie per conformarsi alle tendenze di moda più depersonalizzanti. La cultura degli anni passati è stata letteralmente saccheggiata, facendo della passione per il vintage un canale per colossali operazioni di marketing. E così per le strade si vedono in giro individui con indosso le effigi di idoli come James Dean, Mick Jagger, Velvet Underground, ma che di loro in realtà non sanno nulla o non hanno mai sentito parlare. Icone ridotte a semplici accessori estetici. Né più né meno dei proverbi stampati sui rotoli di carta igienica. E così ciò che una volta era segno di distinzione culturale e appartenenza privilegiata a un determinato gruppo, è stato mercanteggiato in cambio di un inserimento sociale che altrimenti in certi contesti sarebbe stato difficile raggiungere. Vale tutto insomma, e così i nerd escono allo scoperto e si mescolano alla massa assieme a chi una volta era radicalmente differente.

Ma siamo sicuri che i nerd si siano tutti sciolti in questo guazzabuglio postmoderno, dove cultura alta e bassa si mescola, dove tutto è pop, e dove i gruppi sociali vanno meticciandosi l’uno con l’altro senza più nessun distinguo?  Forse esiste ancora qualche contesto dove si può, seppur sfocatamente, ricostruire una sorta di habitat nerd: le palestre. Ora vi chiederete, perché un nerd se è proprio nerd dovrebbe andare in palestra? Ma è semplicissimo, perché andare in palestra non è più considerato di moda come prima. Oggi vanno di moda i magri, i bulimici, gli sfatti, i visi scavati e le pance modellate da un sano bilanciamento tra alcool e cibi ricchi di  bifidus acti-regularis. Non c’è più tempo per la cura di sé, o meglio è cambiato il modo di intenderla. Una volta alle 18.00 si andava in palestra, oggi a quell’ora si “aperitiva”© [V. la bacheca di Parasecolo e le sue invettive contro i neologismi ‘Milanodabere30annidopo’]. E così, nelle palestre, dove le tendenze della Milano da bere non hanno intaccato la rigida cultura integralista dei maniaci del fitness, si assiste ancora al dualismo millenario fra nerd e palestrati di successo, fra imbranati che tentano goffamente di utilizzare la palestra come tessuto di nuove relazioni sociali, e playboy da sollevamento pesi che hanno fatto della palestra un loro regno (animale) dove dominare incontrastati. Mondi lontani che fortunatamente non si incontreranno mai, in nome di una varietà sacrosanta, che, pur nelle sue fattezze grottesche, speriamo si conservi il più a lungo possibile.

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