Il villaggio

di Elisabetta Terigi

Appartenere allo stesso popolo significa avere stesse caratteristiche genetiche o meglio le stesse anomalie. Chiaro, no? Oppure rischioso? Qui non si sta citando un documento medico dei primi del novecento, di quando si cercava di fornire basi scientifiche alle teorie razziali. Qui si sta parlando del risultato di studi portati avanti da alcuni ricercatori del centro medico di Sheba (Tel Hashomer) in Israele riportato da Ynetnews.com, il sito in lingua inglese parallelo a ynet, uno dei più popolari siti d’informazione in lingua ebraica, ma anche dal sito del giornale Haaretz.

La scoperta scientifica – Studiosi israeliani hanno trovato che il DNA di una popolazione indigena del Colorado presenta la stessa mutazione genetica caratteristica degli Askenaziti, ossia degli ebrei dell’est Europa. La mutazione è una variazione deteriore del gene BRCA1 che aumenta il rischio del cancro al seno e alle ovaie. Presenta questa caratteristica un popolo indios che dal Messico arrivò negli Stati Uniti duecento anni fa. Questa  “anomalia”  accomuna la popolazione del nuovo continente con gli ebrei askenaziti europei. Una coincidenza dovuta al caso? Non secondo i ricercatori israeliani: protagonista della strana parentela, secondo le loro ipotesi, sarebbe una persona che, circa seicento anni fa, dall’Europa arrivò nel Nuovo Mondo. Deve essere accaduto nel quindicesimo secolo, quando Colombo scoprì l’America e gli ebrei furono espulsi dalla Spagna.

Come nasce l’analisi – Queste le più recenti scoperte di uno studio iniziato ben 15 anni fa al centro medico di Sheba. All’epoca si presero in esame i geni di ebrei askenaziti ed iracheni di un’epoca più antica, ossia di 2500 anni fa, quando venne distrutto il primo tempio. Non si è però sicuri che le mutazioni genetiche siano da ricondurre solo al popolo ebraico.  A conferma di ciò si potrebbe ricordare che la popolazione del Colorado con la mutazione “askenazita” non ha nessuna tradizione riconducibile alle usanze ebraiche.

I figli di Abramo nell’era del genoma – Questo il titolo di uno studio scientifico che cerca di trovare parentele genetiche tra gli ebrei di tutto il mondo pubblicato in una rivista americana di genetica umana. Ne parla un articolo di David Goldman pubblicato su Ynetnews due anni fa: nel suo pezzo si legge che esiste un collegamento genetico tra gli ebrei di tutto il mondo che li rende geneticamente più vicini rispetto ad altri.  Gli ebrei quindi condividerebbero una storia genetica comune. Tali ricerche – viene sottolineato – hanno lo scopo di analizzare la base genetica all’origine di un particolare gruppo di persone, per capire meglio le anomalie e le eventuali malattie.

I timori dietro la scienza – Al di là delle conseguenze scientifiche di tali studi, quali sono i risvolti socio-culturali della diffusione di certi risultati? Quando si parla di ebraismo innanzitutto c’è sempre grande confusione: non si riconosce mai bene il margine tra ciò che è appartenenza etnica e religiosa. Risulta difficile capire la differenza tra israeliano ed ebreo. Spesso si sente usare la parola ebreo al posto di ebraico e non di rado tornano di attualità alcuni pregiudizi e luoghi comuni che, a causa di un non troppo lontano passato, feriscono ancora chi si sente coinvolto.

Bilancio delle conseguenze – Se da una parte ricerche del genere sono importantissime per la qualità e i successi raggiunti, ad un occhio più esterno non possono non risultare potenzialmente pericolose. Riconoscere l’identità di una persona dal proprio codice genetico, dalle proprie anomalie, individuabili da una fredda analisi di laboratorio, spaventa. E se da una parte dona maggiore concretezza all’identità ebraica, al suo essere popolo ed etnia, oltre che fede religiosa, dall’altro lascia scorgere il pericolo di essere catalogati in un registro come un tempo accadde con un numero tatuato sulla pelle.

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