Tuffo in Puglia

di Alberto Gioffreda

Ci sono alcune cose che non si mangiano, ma che comunque ti saziano. Se poi le riesci a trovare a due passi da casa tua, almeno per una stagione, ti solleticano l’orgoglio. Anche se non hai contribuito, ma ci hai solo partecipato, come semplice spettatore. Accade questo nella Puglia del 2011. E per chi è cresciuto in questa terra a volte è difficile crederci. I ricordi di bambino sono quelle delle immagini di barconi che vent’anni fa venivano dall’est pieni di gente. E poi la quarta mafia (la Sacra corona unita, in grado di portare sulle strade un far west mai visto prima). Poteva finire  lì la storia e farne l’ennesimo luogo comune del sud. E invece no. Lentamente la quarta mafia è stata messa in un angolo. Almeno per ora. I barconi non arrivano più dal mare ma nessuno di questa terra all’epoca ha alzato barricate. Passato il peggio ci si è riscoperti, non senza fatica e non cancellando tutti i problemi.

Una musica popolare è diventata il richiamo per 120.000 persone ogni anno, in un piccolo comune, Melpignano, che non arriva a sfiorarne 2000. Fuori hanno iniziato a capire che non c’era solo Lino Banfi. E poi sono cambiate alcune cose anche nella politica. Non per fare un elogio sperticato a Vendola. Ha i suoi grossi problemi da risolvere, a cominciare dalla sanità. Ma va dato atto che un’idea nuova è stata portata. Non basta accontentarsi del proprio. E’ possibile attirare, creare movimento che abbia la cultura al centro, in particolare la musica. E così che quest’anno sono arrivati due dei festival più importanti in Italia. Italia Wave e il Mei. Due colpi messi a segno da Puglia Sounds, il programma nato appena un anno fa e che sostiene diversi artisti, pugliesi e non, cercando di creare un sistema che possa portare in Puglia quanti più eventi possibili e non solo.

Un punto di riferimento per tutta la filiera musicale, compresa la produzione. Quello che serve appunto per non lasciare gli artisti e le etichette in solitudine. Non è beneficenza. E’ un modo per far girare cultura ma anche economia e turismo. E non è un caso che la Toscana per l’Italia Wave e l’Emilia per il Mei, l’anno prossimo daranno battaglia per riportare a casa i due appuntamenti. Non per una questione di campanilismo, ma spero che quella battaglia la possano perdere di nuovo. Se quest’anno è stato possibile sentire la storia del rock, Lou Reed, a Lecce – per quanto non tra un pubblico numeroso come c’era da aspettarsi, colpa forse di una scaletta rivoluzionata all’ultimo momento – e tutti nella stessa serata Benvegnù, Cristina Donà, Daniele Silvestri e altri, il consiglio è di riprovarci. La musica non si mangia, ma serve a credere che sia in atto un rinascimento. Che duri e non sia una meteora.

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