Le dita nella marmellata

di Roberto Morelli

You and whose army? – Il vento dell’antipolitica rischia di spazzarci via tutti, la gente ci viene a prendere coi forconi, è l’ora di lanciare un segnale al paese in questi tempi di crisi. Eccolo, il tono generale delle dichiarazioni della classe politica nostrana. Ingredienti base: una faccina contrita e sufficientemente seria e un proclama sui generis sui tagli ai costi della politica da cianciare davanti alle telecamere. La realtà, ovvio, è ben diversa e fotografa la loro totale assenza di qualsivoglia vergogna o senso del pudore. La tanto paventata violenza, in realtà, è solo uno spauracchio per anziani tele-dipendenti impauriti, e lì dove finiscono le chiacchiere arriva, puntuale, la faccia di tolla.

Società civile e Babbo Natale – Parliamo della Sardegna, parliamo di cosa succede a interagire, in buona fede, con la politica. È passato poco più di un mese da quando il mitologico referendum regionale “anti-casta” ha spazzato via – con percentuali bulgare superiori al 95% – quattro province tutte da ridere (Ogliastra, Medio Campidano, Olbia Tempio e Sulcis-Iglesiente) e tagliato tout-court lo stipendio agli 80 (ottanta!) consiglieri regionali sardi. Il giorno dopo secchiate di naiveté, accompagnate da una presunta rivincita della società civile forte del sacro responso delle urne. Vent’anni di berlusconismo, a quanto pare, non hanno insegnato niente. Così, con un paio di leggine facili facili, il consiglio regionale sardo, fischiettando con indifferenza, del referendum (e della volontà) popolare se ne è allegramente fottuto.

“Pecorina sarda” – Le quattro province morenti si sono beccate una proroga – termine che è importante riconoscere subito: quando i politici parlano della “necessità di una proroga” ve lo stanno mettendo nel culo, intesi? – mentre i loro stipendi, giochicchiando coi numeri come alle elementari, sono rimasti praticamente invariati. Quest’ultimo comma inserito in piena notte e con voto bipartisan – ah, amo la comicità involontaria! – in una legge per stabilizzare i precari della PA. Malafede, trucchetti da baro di quart’ordine, blitz notturni che ricordano i ladri di polli.

Proroghe romane – A Roma intanto il parlamento dovrebbe approvare il cosiddetto “ddl anti-corruzione”. Come facciano i politici a parlarne senza scoppiare a ridere resta un mistero. Approvato alla camera avrà bisogno, assicurano dai partiti, di qualche “piccola modifica” al Senato. Piccola modifica, proroga, sesso anale, ehm… ci siamo capiti. Il termine per l’incandidabilità dei condannati è stato fissato al 2018. 2018! Cos’è, uno scherzo? Oppure un ultimo quinquennio di valzer prima del commiato? Nessuno dei due. Se in Sardegna è bastato un mese per infinocchiare gli elettori, a Roma, in cinque anni, può succedere di tutto. E allora voliamo, sulle ali della fantasia; già me lo vedo, nel 2017, il comma (inserito il 31 dicembre, alle 23.59) a un disegno di legge sull’uso dei farmaci per la prostata: candidabilità e diritto di voto per cavalli, cani e gatti. In aula, a favore dell’emendamento, uno schieramento bipartisan di maiali.

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