di Roberto Morelli
L’Ultraitaliano è tornato, ancora. La strategia è la solita degli ultimi vent’anni: fare appello sistematicamente ai peggiori istinti dell’italiano medio, gli stessi che hanno reso questo Paese impermeabile al futuro e al senso di responsabilità. Sembrava una missione impossibile tornare a galla anche stavolta, monopolizzare l’agenda della campagna elettorale, bi-tri-quadrilocarsi in televisione.
È stupefacente la limpidezza e linearità delle sue tattiche elettorali, tanto quanto lo è la storica inettitudine dei suoi avversari (da me ribattezzati: «Torri d’avorio e Afasia»). Innanzitutto le cosiddette “proposte shock”; perso qualunque barlume di realizzabilità e credibilità – anche se sui media se ne discetta al pari di raffinatissimi parti dell’intelletto – ciò che resta è il semplice spararla grossa, sempre più grossa. In questa campagna elettorale, che ha ridotto per l’ennesima volta a una latrina, pisciare fuori dal vaso è scontato, bisogna andare oltre: fare i graffiti sulle pareti con lo spruzzo.
Mussolini fece cose buone, condono edilizio e fiscale tombale, l’ormai mitologico abbassamento delle tasse, due sole aliquote Irpef e già che c’è via anche l’Irap, dimezzamento dell’IVA sulla benzina; sempre più forte, fino all’orgasmo: abolire l’IMU sulla prima casa. Ravanare a piene mani nelle mutande degli italiani e trovare che il 20% ce l’ha ancora in tiro, dopo vent’anni vogliosi e pronti all’ennesimo rapporto.
Chi gli si oppone, tanto i cittadini comuni quanto la cosiddetta società civile organizzata, vive in verità un’inconsapevole rapporto di simbiosi che ha tutto a che fare con la psicanalisi e niente a che fare con la politica. Vent’anni e non sfiancarsi mai. Vent’anni e non rompersi ancora il cazzo di fare da megafono a rutti e scoregge fuoriusciti dagli orifizi del loro “nemico”. Ma l’avete visto?
È in decomposizione da almeno dieci anni: voltate pagina, è ora!
Inaspettato il sipario papale cala all’improvviso su questa tristissima e mefitica campagna elettorale, che liberazione. Amen.