GiuseppeSignorisfocatura

Chi vi scrive è un ex calciatore di 27 anni che ha smesso a 25; ma anche, da 5 anni, un allenatore da Settore Giovanile. La prima caratteristica mi porta a nutrire una cieca forma di tolleranza per l’animale “calciatore” quando vive fuori dal suo habitat. La seconda mi permette un pedagogismo da quattro soldi, una disillusa acredine verso tutto ciò che esula dai compiti tattici e forti dubbi sul legame calciatore/homo sapiens.
In questo paradosso, del tutto pacifico e del resto frequentissimo per l’enorme quantità di allenatori ex-calciatori, mi è lecito guardare gli ultimi eventi sul calcio scommesse secondo una visione d’insieme.

E’ il primo giugno quando schizza fra le agenzie la notizia che Beppe Signori si trova agli arresti domiciliari in seguito a un’indagine su un gruppo di ex giocatori coinvolti in una trama di dubbia legalità su scommesse e partite truccate. Nella lista dei meno noti, una serie di figuri, o meglio di figurine degli anni 90. Un colpo al cuore per tutti gli ex bambini. Ma anche gli ex calciatori sono ex bambini, ex promesse, più o meno mantenute. E in ogni promessa, c’è una dose di scommessa. I bambini di oggi, quelli che alleno, sono tutti, a loro modo, “promesse”.

Tutti promettono bene.

Chi per diventare un calciatore, chi per la solerzia nel fare i compiti prima dell’allenamento (dopo sennò è stanco), chi nell’imparare dal babbo cosa è una gettata di cemento, chi promette un bacio a una coetanea e un giorno sarà un PR, chi guarda stralunato la rete chiedendosi il senso di un gol, e probabilmente un giorno sarà un eroinomane o avrà una cattedra alla Normale di Pisa. Tutte scommesse dell’inconscio e della dea bendata. Un meccanismo destinato a tornare in chi non è mai realmente uscito dalla condizione fantasmagorica dell’infanzia, e che si è costruito sulla base di uno sport che riassume il significato della bellezza del muoversi nel mondo, da bambini, quando il mondo, appunto, potrebbe semplicemente essere quello delineato dalle strisce bianche a bordo campo, o quelle di un’area di rigore oltre le quali il portiere non deve toccare la palla con le mani, lo stesso portiere che per un virtuosismo della scommessa su di sé intuisce la traiettoria di un calcio di rigore.

Il calcio è una promessa/scommessa prima, dopo e durante, quando non sei più nessuno. Quando è finita la tua vanità di giovane miliardario e comincia la vanità del non essere nessuno.

Io: “Ragazzi, vedete quel signore? Quello è Zé Maria, il terzino del Perugia di quando avevo più o meno la vostra età”
Bambino: “Mister, ma quello non è un calciatore, porta i jeans!”

E la cronaca mi parla di Beppe Signori e quelli che il Virgilio dell’Eneide chiamerebbe multi praeterea, quos fama obscura recondit, i “molti che l’oscura fama nasconde”. Eccola la chiave di lettura: l’oscura fama. Quella che fa di uno scorrazzatore delle fasce, di un gran crossatore, dopo pochi anni, semplicemente una persona con i jeans. Nonostante il gioco più immediato da fare nella critica a certi eventi sia quello di sparare sopra al miliardario di turno per aver infangato l’onore di uno sport ed essere mancato di rispetto verso chi ama il calcio disinteressatamente e ha il mutuo da pagare, preferisco per una volta mettere in luce, evocare la grandissima tristezza del calciatore famoso, relegato ad una dignità d’esistenza pari agli anni di carriera, dopo dei quali inizia un rapido declino fatto di cellulite, investimenti sbagliati e donne ex belle imbruttite, o che, nel migliore dei casi, scopano qualcun altro più giovane (cfr. Melissa Satta che questi giorni ha lasciato una bolletta del telefono salatissima al’ex bomber Bobo Vieri a furia di chiamare a Istanbul il più giovane Matteo Ferrari, terzino di insipide speranze).

In tutto questo, l’idiozia del continuare ad libitum la dinamica della promessa/scommessa, ma immersa in un miscuglio di patologia e automatismo nella frode sportiva, si scaglia contro il calcio stesso, contro la madre e la finalità della promessa e della scommessa; contro, fondamentalmente, sé stessi. Scommettitori si nasce, Signori si diventa. Quel maledetto Pascal (lo so, è il secondo articolo in cui lo tratto male, ma se giri nel bosco della filosofia con un fucile, Pascal è l’albero che più assomiglia a un bersaglio) riteneva che l’uomo dovesse porsi, di fronte a Dio, nelle condizioni di una scommessa: chi scommette sull’esistenza di Dio, se guadagna, guadagna tutto, se perde, non perde nulla: bisogna dunque scommettere senza esitare.

La scommessa  è già ragionevole quando si tratta di una vincita finita e di poco superiore alla posta in gioco, ma essa diventa tanto più conveniente quando la vincita è infinita e infinitamente superiore alla posta. Fatto sta che di fronte a certi lambiccati discorsi di Pascal, viene voglia di avere lo sguardo del bambino che si interroga sul senso del gioco e che un giorno diventerà un famoso eroinomane, o un famoso accademico alla Normale di Pisa.
A me interessa solo questo, per chiudere: nel 95/96 Beppe Signori sigla 24 reti in 31 partite in Serie A. Esattamente 400 stagioni prima, nel 1595, Montaigne scriveva nei suoi Saggi:

Di quelli stessi che vediamo compiere belle azioni, tre mesi o tre anni dopo che ci sono stati, non se ne parla più che se essi non fossero mai esistiti.  Chiunque considererà con giusta misura e proporzione di quali persone e di quali fatti la gloria si conserva nel ricordo dei libri, troverà che ci sono al tempo nostro pochissime azioni e pochissime persone che vi possano pretendere qualche diritto. Quanti uomini virtuosi abbiamo visto sopravvivere alla loro reputazione, quanti hanno visto e sofferto che si estinguesse, in loro presenza, l’onore e la gloria acquistata nel più giusto dei modi dei loro giovani anni? E, per tre anni di questa vita fantastica e immaginaria, vogliamo perdere la nostra vita vera ed essenziale e farci prigione di una morte perpetua? I saggi si propongono una più bella e giusta fine per una gesta così notevole.

Simonfrancesco Di Rupo

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3 Comments

  1. caramelleamare ottobre 8, 2011 Reply

    Già nel 600 questo tizio, Montaigne si poneva il problema della gloria passitura(parola appena inventata, esiste?)? Un veggente fu.
    Ma ai suoi tempi come se la conquistavano una fama momentanea senza Sanremo, Zelig o i concorsi per diventare la faccia delle barrette di Kinder Cioccolato !?

    • Author
      Simon ottobre 8, 2011 Reply

      La fama era fame, spesso e volentieri.

  2. You’r precisely right with this piece!

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