il bureau - Bobi Raspati - Note Dolenti

di Bobi Raspati

Certo non cambierà il mondo, questo dischetto qui. Non ho molte ragioni per ascoltarlo, eppure lo metto su spesso. Quattro tracce tutte strumentali, dominate dai timbri squillanti di una chitarra elettrica a metà tra le fricchettonate raga e un minimalismo da quattro soldi – e dunque di quelli caciaroni e pieni di vita, moderatamente ipnotico e in fondo scipito e indolore. Chris è un musicista prolifico, e nemmeno ho voglia di contare i dischi che ha fatto (toh, ve lo dico: è il terzo solista). Di sicuro è membro fondatore dei Peeesseye, oscura e prolificissima formazione psych-drone-folk, di sicuro ha collaborato coi Talibam! e di sicuro ha girato con quel rintronato di Tetuzi Akiyama. Rispetto a tali esperienze il disco in questione è facile facile, saldo nelle sue movenze americane, col basso che serra gli arpeggi della chitarra e la batteria che rintuzza gli svolazzi del synth con colpi precisi. La prima omonima traccia dura ventun minuti sporchi e sudati, una jam in maggiore frammentata in tre parti. La chitarra vibra e reitera, e sembra quasi una cover di John Fahey (o del compianto Jack Rose) suonata dai Television – anche perché basso e batteria non fanno che adeguarsi all’andazzo. A un certo punto una tromba sconquassa il garbato incedere dell’orchestrina, e il fantasma di Sterling Morrison fa deragliare la jam in una pozza blu. ‘New Pharmacist Boogie’ affonda nelle stesse paludi, ‘Front Street Drone’ offre un po’ di quiete e la finale ‘Anniversary Day’ resuscita il Jim O’Rourke di dieci anni fa e Papa M. Non sorprende e nemmeno diverte, ma a me va più che bene così.

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