il bureau - Bobi Raspati - Note Dolenti

di Bobi Raspati

Ci sono anniversari e anniversari. Alcuni si portano dietro tonnellate di parole e fanno parlare per settimane. Dei trent’anni di Songs of Pain, struggente album d’esordio di Daniel Johnston, non vi ha invece parlato nessuno – così come dei cinquanta del suo fragile autore. Abbiamo aspettato per tutto il 2011, ma niente. Né Mojo ha levato gli Who dalla copertina né Mollica ha sprecato superlativi sulle tv di casa nostra. Un po’ perché nessuno può dirsi certo che sia davvero uscito in quel fatidico ‘81, un po’ perché si tratta di uno dei dischi più sfigati della storia della musica.

Daniel era appena ventenne e già malato di depressione quando iniziò a distribuire presso amici e conoscenti una cassetta registrata alla bene e meglio nella propria cameretta, una raccolta di filastrocche strimpellate su una tastiera giocattolo e cantate con la voce spezzata di un adolescente ironico e disincantato. Dotato di un talento infinito e multiforme, fin da bambino era stato baciato dalla malinconia. La mamma strillava e le ragazze non se lo filavano: questa è la colonna sonora di quel periodo lì, prima di una sequela di ricoveri e tentati suicidi, tanti psicofarmaci e tante canzoni. Le nostre preferenze vanno su ‘Never Relaxed’, cronistoria delle tribolazioni di un ansioso, e ‘Lazy’, inno alla pigrizia e alla procrastinazione nel quale tutti ci riconosciamo. Le melodie imprendibili e i testi comicissimi di questa deliziosa raccolta – ristampata in cd qualche anno fa – hanno negli anni conquistato Mike Watt e Kurt Cobain, Tom Waits e il povero Sparklehorse, e tante sono state le cover e i tributi (ma soprattutto segnaliamo l’ottimo documentario The Devil and Daniel Johnston, dal quale è tratto il video qui sotto). Questa, piena di fruscii e imperfezioni, è di sicuro la forma migliore per l’arte di Daniel Johnston.

Non siamo puntuali manco noi, ma siamo gente per bene: buon anniversario, amico.

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