Dove sei o non sei?

di Simonfrancesco Di Rupo

Giugno è il mese in cui cominciano a comparire ovunque su Facebook foto di utenti svestiti: cosa che decuplica la morbosità degli orientamenti voyeuristici e i pettegolezzi su questo o quella deficiente, dopo mesi di cappotti e link sull’amore che se ne va. Non c’è mese migliore quindi, ho pensato, per un sondaggio metafisico. La prova del fuoco, insomma, per la gioia di Eraclito.

Ho sottoposto questa domanda ai miei contatti: “Tu, immagina di essere la realtà: dove NON sei?”

Posto che l’intento non fosse quello di stimolare un discorso teoretico in ogni malcapitato, tantomeno l’interesse del sottoscritto era quello di bollare ogni risposta e controbatterle (sarebbe stato di un’antipatia epocale), anche perché la domanda, fra tutte le sue spigolose contraddittorietà, richiederebbe un trattato! Una volta miliardario potrò propormi di dare tempo a un proposito così arduo e dispendioso. E comunque le foto delle svestite le guardo anch’io, prima e dopo ogni dilemma ontologico. Il dilemma pratico più o meno soddisfatto poi, sta nell’interrogarsi su come svestirle di persona.

La curiosità maggiore è invece stata proprio nel lasciare aperto il campo delle risposte, strette nella loro tempistica – la soglia d’attenzione per uno “status” sopra la media dei vari “ho comprato il prosciutto”, “non ti dimentikero mai”, “che caldo/piove” ha sì una longevità maggiore, ma si parla sempre di una quarantina di minuti.

E’ stato un successo.

Circa trenta risposte, fra l’esilarante e il meditativo, sempre però stringatamente e con la giusta dose di ironia, come doveva essere.
Ci si è alternati dalle prese di posizione più misticheggianti come:

“non esisto in realtà”/“nei sogni”/“nelle illusioni”/ “qwertyuiolkjhgfdsaxcvbnmjuhygfdswertyuikmn”/ “non ci sono nella morte”/ “da nessuna parte, l’irreale è più potente del reale”, alle prolusioni di ordine biografico/esistenziale: “è dal 1989 che ho smesso di immaginare”/ “la realtà è stupida e frivola quindi personalmente non vorrei essere nella realtà quotidiana!!!”,/ “tra il pickup e le corde”/ “in vacanza”/ “in un mondo giusto”, fino a vere e proprie meditazioni in pillole: “non sono dove non è la realtà e cioè nella realtà che non c’è con me all’interno immaginando” / “dove vorrei essere”/ “in me”/ “non sono dove nessuno è grado di interpretarmi”/ “non posso non essere”/”non sono nelle condizioni di comprendere in quale luogo non sono”/ e così via, fino agli inviti a bere una birra insieme come “con te”.

Il premio per la risposta più imbecille e al contempo più intelligente va al caro collega di Bureau e di vita Luca Riposati, cito per esteso la sua risposta: “l’angolo di strada tra le pizzeria e ground zero, quello inquadrato da una nota webcam. dopo i cessi dell’arsenal (quelli sono perfetti, mica pisciano, emettono vapore acqueo profumato di gelsomino – e non vincono da una vita), quello è il posto meno esistente del mondo. se sono la realtà, non sono MAI li”.

Se ogni uomo aspira alla conoscenza, come voleva Aristotele, e ogni uomo è un animale sociale, anzi social-network, il sondaggio è da ritenersi altamente soddisfacente. Perché sì, è vero, dal punto di vista teoretico non abbiamo approfondito affatto, talvolta si è sviato lo sguardo dal problema, altre volte ci si è incamminati verso possibili soluzioni senza proseguirle: dopotutto immaginare di essere la realtà e pensare il non-essere è un esercizio contraddittorio che esige di assumere la contraddizione come fondamento dell’argomentare e richiede strumenti filosofici adeguati, ma non è nemmeno sottovalutabile (era anzi l’intento del gioco!) l’incontro fra utenti, il rimbalzo delle risposte più disparate che solo nella confusione generale trovano un’armonia che lascia il retrogusto della vitalità.

E chissà che la risposta più clownesca non abbia dato da pensare all’utente serioso e viceversa, fino a produrre nell’intimità di ognuno un buon rapporto con la solidità enigmatica della domanda. In cuor mio ecco quale fosse l’intento, nella speranza di non annoiare. Chissà che a giugno, fra le prime tette, i primi culi, i primi addominali e i primi sorrisi promettenti, con un cubo di Rubik in mano, non venga voglia di immaginarlo in tutte le composizioni possibili, nella poesia del colore, fino a prenderlo a calci e farci una partita fra amici.

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2 Comments

  1. Adriano settembre 14, 2011 Reply

    Chiedilo a Matteo Caccia.

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