Sigarette elettroniche. La nuova consistenza del fumo

il bureau - Sigarette elettroniche. La nuova consistenza del fumo

di Matteo Pelliti

Una nuvola di vapor acqueo al profumo di liquirizia, un cilindretto levigato appeso al collo che della modernità ha tutti gli atout, il fiorire di vetrine dove boccette liquide e  simil device occhieggiano rigenerando ancora una volta il gesto antico e non più stigmatizzabile di un’ultima sigaretta: infinita. Prima che proliferasse nell’uso tra gli amici, i conoscenti, i passanti, furono i negozietti aperti nottetempo ad attirare la mia attenzione: non capivo cosa vendessero. Lindore da negozio di cellulari, sulle prime nicchia di mercato, quasi  deposito di presidi sanitari per dipendenti in fuga dal fumo, la curiosità era tale perché circoscritta. Nelle mille forme delle sigarette elettroniche, i modelli accessoriati, i colori, il caricabatteria, la nuova consuetudine ha instaurato un nuovo doppio legame: se la sigaretta era il simbolo dell’effimero, del bruciare/bruciarsi, di un metaforico lento consumarsi nel tempo, quasi un “In girum imus nocte et consumimur igni”, la sua nipote elettronica rappresenta la permanenza plastica e illusoria d’una promessa d’immortalità. La sopravvivenza all’utilizzatore.

Fumare non fa più male, rimane solo il sapore, il gesto, la posa, la boccata profonda, la nuvola che fuoriesce aromatizzata.  Ma Bogart o Buscaglione non sarebbero stati gli stessi con queste sigarette tra le labbra. Proprio nel design più allineato al gusto del presente, e nella sua diversificazione, sta uno dei motivi di appeal dell’oggetto; satinature e lucentezze di questi fischietti nautici, pifferini di Hamelin, comunicano “salute”, pulizia, nitore là dove, nella preistoria, vi erano solo denti, peli e polpastrelli ingialliti. Le dita d’avorio di Carmelo Bene mentre fuma. Il salto nell’uso di massa è stato parallelo proprio all’abbandono nella forma mimetica della vecchia sigaretta. Fu, quindi, anche una questione estetica se  gli zenocosini del terzo millennio hanno scelto in massa questo passatempo, e si scambiano, li sento, li ascolto, consigli per gli acquisti, confrontano le pipette, le cannucce colorate, disquisiscono di aromi e consistenza dei vapori in attesa che si stabilisca se il “vapore passivo” danneggi o meno la salute. Nulla è rimasto della segreta seduzione del “Fumare fa male” stampato sui pacchettini di carta. Prontamente lo Stato ha fiutato la nuvola e, deprivato degli introiti del venefico monopolio del tabacco, ha tassato, così annuncia, l’intero settore del fumo elettrico, boccette et similia. Così, anche il fumare si è frammentato nell’assemblaggio, nella manutenzione di questi giocattolini traslucidi, nelle semitrasparenze che s’impongono come l’unica salda verità del presente: l’illusione.

 

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