Un Beppe Grillo per tutti

di Roberto Morelli

Antipolitica. Non so davvero cosa significhi. Trucchi lessicali, argomentazioni in totale malafede, fallacie logiche da terza elementare, sono pronto a tutto. Ho chiuso un occhio quando per anni ho sentito parlare di “giustizialismo” a vanvera; ho sospirato pazientemente quando a ogni minimo cenno di dissenso – fosse anche un’innocua maglietta con una scritta scema – ho sentito paventare il mitologico “ritorno degli anni di piombo”; ho sopportato questo e tanto altro ancora, armato d’inossidabile senso dell’umorismo e genuino masochismo.

Kafka vive e lotta assieme a noi. Ma il termine “antipolitica”, per il presunto significato che gli si vorrebbe appioppare, per me, è la quintessenza del blaterare politico. Puro nonsense: un ferro da stiro chiodato. Inutile scomodare Orwell e la neolingua, qui voliamo mooolto più in basso. Innanzitutto quel prefisso, anti-, che dovrebbe evocare, nell’ingenua mente del cittadino-elettore, foschi scenari di annientamento dell’ordine costituito. Nonostante abbia più di mezzo secolo sul groppone si tratta invece dell’immarcescibile riproposizione del desolante «o con noi o contro di noi»; in questo Paese il caro vecchio Benito, quello che distingueva fra italiani (tutti coloro che votavano il partito fascista) e anti-italiani (i restanti), è un sole che, dialetticamente, non tramonta mai.

I trucchi del mestiere. L’appropriazione autoreferenziale di una parola (noi facciamo “politica”, chiunque altro fa “antipolitica”), l’uso di insidiose fallacie logiche («se sparissimo noi la democrazia sarebbe in pericolo», che è una tipica “fallacia di brutta china”, o la mitica “straw man fallacy”, un sempreverde del dibattito politico italiano), la sistematica demonizzazione dell’avversario (che è l’abc del negative campaigning) e i bizzarri non sequitur («se Grillo vince trionfa l’antipolitica», che ha la stessa valenza semantica di «il mio gallo pasta al sugo oceano verde»). Della tanto magnificata politica, in questo minestrone condito da malafede, non c’è nemmeno l’ombra. Però la vera “antipolitica” la fa quello lì… il comico.

You and whose army? Sgombriamo fulmineamente il campo dai dubbi: di Grillo e del suo movimento non me ne importa nulla (chiunque abbia letto un manuale di Scienza Politica sa già il finale della storia). Il punto è che non sghignazzare davanti al terrore nero con cui i partiti ne parlano, secondo la mia modesta opinione, vuol dir davvero essere privi di qualsivoglia senso dell’umorismo. Vecchi arnesi della politica, nell’ambiente da decenni, si guardano attorno smarriti, tutt’a un tratto spaesati, terrorizzati a morte da un tribuno del popolo digitale e da quattro ragazzini armati di pericolosissime maschere di plastica. Politicamente parlando, l’Italia, è a una cena a base di pasta e fagioli: quando cala la notte, in sogno, perfino un grassoccio comico genovese può prendere le sembianze di Videla.

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