Nanni Moretti, wow!

Parto con il giudizio: non mi è piaciuto. Forse sono andato a vederlo troppo carico di aspettative e molto ottimista. Tutti che ne parlavano bene. Moretti e il trailer su tutte le tv e in tutte le trasmissioni. Le poche scene divertenti me le aveva bruciate Fabio Fazio quando aveva avuto il Sacher director come ospite.  Davanti a Habemus Papam ho riso, ma come si ride quando senti una battuta per la seconda volta. Poi c’è stato Cannes. Fiumi di applausi alla proiezione e lui che piange. Ho cominciato a chiedermi se probabilmente ero io la mosca bianca.

Pensiero passeggero: il cinema è arte quindi soggetto, per forza di cose, all’interpretazione personale.

Ho cercato allora di rivederlo il film, nella testa (era scontato e categoricamente vietato dal mio credo “economico” riandare al cinema, vederlo in streaming escluso perché ne avrei trovato versioni oscene). E allora i pro di Moretti sono: l’idea (oltre alla recitazione di Piccolì e alla figura della guardia svizzera che vive negli appartamenti papali) . Il Papa che non riesce a fare il Papa ed è uomo come tutti gli altri. Non credo che qualcun altro prima ci avesse mai provato o neanche pensato ad una storia del genere.
Il buono per me finisce qui.

Perché tutta questa indagine sull’uomo-papa è appena accennata, è tutto il contorno che viene esaltato. I cardinali, quell’odioso effetto rallenty durante il campionato del mondo di pallavolo tra gli alti prelati. L’incomprensibile ruolo di Margherita Buy. Avrei preferito due ore di film esistenzialista, alla Godard per intenderci. Due ore di un Papa non ancora Papa davanti ad un tazzina di caffè. Un viaggio vero e proprio nell’uomo, anche perché è così che lo presentavano. La considero un’occasione sprecata.

E allora come mai tutto questo incenso?
Perché Moretti è Moretti per certa critica. Inutile nascondere che qualunque cosa faccia susciti clamore perché ha le spalle ben coperte, ha l’appoggio dell’intellighenzia, ha la storia dalla sua. Provate a leggere le recensioni sui giornali italiani e su quelli esteri. In Italia, esclusi Libero e il Giornale (per i quali è possibile immaginare le ragioni di bocciatura), tutto il resto è un osanna ( e un alleluia dato che siamo in tema).  L’eccezione, di merito e non per pregiudizio politico, è di Paolo Mereghetti.

Fuori i pareri si dividono – Variety, le Figaro, The Telegraph, El Pais pollice verso, positivo per The Guardian, LeMonde e il Mundo –  come normale dovrebbe essere.  La realtà è che non è dissacrante o innovativo come un tempo (avrei una scena per ogni suo film da Io sono un autarchico fino ad Aprile, ma cadrei nella sua trappola del film-quiz). Guardate la filmografia.

Moretti è morto dopo Aprile.
Anzi, forse non è proprio morto del tutto.
Respira ancora, la fantasia c’è, ma va scemando. Peccato, perché di speranza ce ne ha regalata tanta. E potrebbe ancora darne. Forse dovrebbe più seguire l’istinto che la compiacenza della compagnia del giro pronta a dire si. Altrimenti, esclusa la platea amica di Cannes, con questi film, non vinceremo mai.

Alberto Gioffreda

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