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di Paolo Gervasi

Durante un ciclo di lezioni tenuto recentemente alla Scuola Normale Superiore di Pisa Carlo Ginzburg, uno dei più autorevoli storici viventi, si è interrogato sulla possibilità di scrivere una storia globale, includendo nelle ricostruzioni del passato prospettive che possano tenere conto dei processi storici mondiali. Con la perdita di centralità dell’Europa e del mondo occidentale, con l’emergere conflittuale di aree politico-economiche che escono dalle vischiosità di una lunga decolonizzazione, non è più possibile adottare lo sguardo “eurocentrico” (in senso estensivo, comprendendo le “appendici” industrializzate d’Europa) che ha caratterizzato le ricostruzioni storiografiche novecentesche. La presa della Bastiglia e l’organizzazione politica di un villaggio amazzonico sono legati da relazioni complesse non più archiviabili attraverso una rigida valutazione gerarchica dell’importanza degli eventi.

Se è lecito il vertiginoso accostamento, sembra porre un problema simile la storia di Godfrey Chitalu, il calciatore dello Zambia che ha indirettamente sottratto a Lionel Messi, forse il miglior calciatore di tutti i tempi, il record di gol realizzati durante un anno solare. Nel corso del 2012 Messi ha segnato 91 volte, battendo così il primato stabilito dal tedesco Gerd Müller nel 1972. Nello stesso 1972 però, proprio mentre Müller realizzava i suoi 85 gol (in 60 partite, mentre Messi ne ha giocate 69), Chitalu indossando la maglia dei Kabwe Warriors avrebbe realizzato 107 gol. Avrebbe, perché la Fifa non ha mai ratificato il suo record, nonostante la federazione calcistica dello Zambia abbia dichiarato che il punteggio è perfettamente documentabile. Lo Zambia, infatti, ha avanzato una protesta formale contro l’attribuzione del record a Messi, innescando a catena le rivendicazioni brasiliane che vorrebbero attribuire il primato a Zico, oppure a Pelè.

Chitalu è morto nel 1994 in un incidente aereo, e con lui è stata sepolta la sua impresa sportiva. Almeno fino a quando il record di Messi non è riuscito a evocare il fantasma del collega. Ponendo anche obliquamente un problema storiografico che investe il gioco delle prospettive e degli equilibri geopolitici. Scrive la Fifa nel comunicato che nega il primato di Messi: “Ci potrebbero essere anche chissà quanti giocatori, prima delle Guerre Mondiali, e già morti, che potrebbero reclamare il record, ma tutti questi ‘reclami’ sono impossibili da verificare in modo definitivo senza avere tutti i dati disponibili.” Come dire: potrebbero esistere eventi dimenticati la cui conoscenza imporrebbe di ridefinire e riscrivere lo sviluppo delle dinamiche storiche.

La semiosfera globale rende tutto potenzialmente rilevante. Eppure certe configurazioni di significato si attivano soltanto quando si crea la prospettiva giusta, quando un elemento marginale entra in relazione con un elemento accreditato dal posto che occupa nella gerarchia geopolitica. Ogni nodo della rete può diventare ugualmente significativo, purché entri nel campo di attrazione gravitazionale di un evento dotato di un qualche potere. A quel punto, il frammento imprevisto può perfino rovesciare il rapporto di forza nel quale si inscrive. Un evento microstorico, direbbe Carlo Ginzburg, può complicare, e perfino modificare, il quadro storico generale. Sabotando, come in questo caso, il processo consueto di canonizzazione dei fatti, che passa attraverso il succedersi, organizzato in galleria trionfale, delle Imprese e dei Grandi Nomi. Oltre alle marcature asfissianti di difensori nemici della bellezza, Lionel Messi ha scoperto di avere un avversario in più: la storia universale.

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