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Ieri ho letto un tweet del giornalista Alessandro Robecchi, classe 1960, che parla di una “generazione di sciocchini”. Una che, secondo lui, “gode quando si cancellano i diritti degli altri” e che per questo “si merita e avrà il peggio”. Il riferimento, mi pare di capire, è alla vicenda dell’assemblea sindacale al Colosseo. E non so se alluda a noi (i nati negli anni Ottanta) o a Renzi e i suoi coetanei (nati negli anni Settanta). Ad ogni modo, leggendo le risposte sotto al tweet, molti se la prendono con la nostra generazione. Del resto, lo sport nazionale più praticato negli ultimi anni non è tanto offendere i sindacati ma violentare psicologicamente e moralmente gli echo boomers: i bamboccioni, i choosy, i pigri e viziati. Oggi gli “sciocchini”.

 

Io sono una degli sciocchini e penso che abbiate bisogno di alcuni chiarimenti.  

Abbiamo avuto educazioni borghesi volute anche da famiglie che il giorno prima la borghesia la prendevano a sassate. Nei casi più fortunati sono state pagate dai genitori, nei casi più sfortunati da borse di studio e lavoro serale.
Abbiamo viaggiato perché siamo cresciuti con l’Erasmus e Schengen ma abbiamo anche conosciuto il mondo del lavoro quando arrivava la crisi finanziaria. Questa e un sistema incancrenito su meccanismi insostenibili e senza visione ci ha portato a lavorare gratuitamente o per poche lire con l’idea che al resto del Paese importasse del nostro curriculum. Qualcuno deve avercelo detto, forse un parente, forse un insegnante. Forse un po’ tutti. Forse l’avete detto anche voi.

In qualche modo ci abbiamo creduto alla storia del curriculum, e a tanti altri bei concetti liberali, socialdemocratici, di destra, di sinistra, neri rossi e azzurri. Ci abbiamo creduto al punto che neanche il vederli infrangere contro una realtà ben più cinica e sciatta ha incrinato l’illusione. Li abbiamo trasformati in un principio individuale e silenzioso. Non di classe, non rumoroso. Eppure potentemente collettivo. Per molti non codificabile. Per alcuni persino deprecabile perché a breve termine invisibile.

Questo principio passa per un aneddoto. Io faccio il lavoro di Alessandro. Proprio due giorni fa ho incontrato un uomo andato in pensione a 53 anni. Mi ha detto: “Ogni tanto mi vergogno, ma me la tengo per me la vergogna”. Mi ha ricordato per contrasto una mia coetanea, imprenditrice agricola. In un’intervista mi disse: “Non mi importa di guadagnare né di avere ferie. Quello che veramente conta per me è consegnare un’eredità.
L’eredità. Un concetto sbiaditissimo nelle vostre invettive piene di rimbombi ideologici.

Uno di questi. Si è degni solo se si combatte per i propri diritti. Come avete fatto voi. Eppure, dove ha portato la vostra battaglia? Quale linea divide una lotta idealistica e reale dall’opportunismo se non la capacità di creare un lascito positivo? Questi vostri diritti, la cui difesa vi legittima a toni sgradevolmente giudicanti e paternalistici mettendovi sullo stesso piano di chi in altre sedi attaccate, cosa sono? Che differenza di principio c’è tra il prevaricare un lavoratore in posizione presumibilmente debole e l’offendere una generazione fatta a pezzi nelle premesse dalla vostra incapacità di costruire un sistema che andasse oltre la tanto decantata difesa dei propri diritti?

Non vi biasimo per conoscere poco di noi, non vi biasimo per tralasciare che il nostro lavoro paga molti frutti delle vostre battaglie e che parte della vostra intoccabilità blocca tanti dei nostri diritti, non vi biasimo per non discernere come quelle lotte si siano divorate buona parte della genuina passione per il vostro lavoro, non vi biasimo perché a noi chiedete lo sforzo di empatizzare senza fare il minimo per comprenderci, non vi biasimo per non sapere che quello in cui crediamo non ha bisogno di venire ad annientarvi con scioperi, non ha bisogno di distruggere la vostra classe dirigente spesso arretrata, senza idee, fuori dal mondo, non vi biasimo perché avete l’età di mio padre, ripetete come dischi rotti la parola “diritti” ma ancora non avete capito che è meglio passare da sciocchini che parlare tanto meschinamente.

Vi biasimo perché non comprendete che in realtà chi sta perdendo, chi ha perso, siete solo voi che pretendete di continuarci a giudicare con l’arroganza di un qualsiasi colpevole.

Valentina Parasecolo
Twitter: Vale_Ilbureau

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