di Marco Viviani e Valentina Parasecolo
Il momento della verità, il precipizio, addirittura “la tempesta perfetta”. L’inizio di una diversa curva della parabola. L’anno 2030 torna di continuo nei titoli dei giornali, nei libri, nella pubblicistica e nei report degli istituti di ricerca. Per quale ragione è così importante? Come sarà il mondo nel 2030 e come saremo noi?
Gli ambiti sono due, internazionale e interno. Mentre nel mondo, a meno di sconvolgimenti non preventivabili, l’economia cinese supererà quella statunitense, nell’Europa più twee di sempre galleggeranno diversi paesi, compresa l’Italia. Più o meno popolata? Più o meno ricca? Più o meno renziana?
Dare una risposta univoca non soltanto è problematico, ma anche sbagliato: per ragionare sull’Italia del 2030 bisogna affidarsi in partenza alle proiezioni demo-statistiche che contemplino almeno due diversi scenari, alto e basso. Stando così le cose oggi, l’Italia nel 2030 sarà così. A meno che…
- DEMOGRAFIA
SE
L’andamento della popolazione italiana è in assoluto il dato più coerente e consolidato di questo Paese. Da trent’anni un demografo sa che aprendo i file Excel dell’ultimo report più aggiornato troverà esattamente quello che si aspetta. Niente a che vedere con l’economia, che ha riservato negli ultimi cinque anni scossoni incredibili. In Italia si nasce appena e si muore vecchi. Si potrebbe mettere al centro della bandiera tricolore. Attualmente con poco più di 60 milioni di residenti (quarto Paese per importanza demografica in Europa) e 148,6 anziani ogni 100 giovani, l’Italia ha una combinazione di tasso di dipendenza e crescita naturale che comporta uno scenario quasi scontato.
Nel 2030, la vita media – allungandosi di due mesi ogni anno nei prossimi 15 anni – arriverà a 82,2 anni per gli uomini e 87,5 per le donne. Questo significa che l’età media di un italiano passerà dai 40 anni nel Duemila all’emblematica cifra di 50 anni o poco meno (49,7) nel 2030.
L’Italiano medio? Sarà una donna nata nel 1980 con un figlio solo, avuto a circa 32,6 anni (oggi è 31,4). La popolazione residente sarà di 61.675.323 persone, di cui 8.932.755 stranieri.
ALLORA
L’Italia sarà un Paese con scarsa capacità di riaversi dal suo stato letargico. Il futuro demografico italiano è segnato. Gli effetti strutturali sulla società di una composizione del genere sono noti: un rapporto sotto il 50% della parte attiva contro quella non più attiva, e di contro un aumento spropositato della popolazione straniera, che ha comportamenti riproduttivi superiori e che servirebbe soprattutto per mantenere i servizi, una specie di commodity per una popolazione non più in grado di badare a sé stessa.
A MENO CHE
L’Istat assicura che saranno i prossimi trent’anni ad aumentare vertiginosamente il numero degli over 65, che a questo ritmo diverrebbero il 33% della popolazione italiana nel 2065 e non diminuirebbero più. In questi anni si potrebbero fare politiche sulla famiglia e le giovani coppie riportando a pari o addirittura alzando il saldo naturale (nati/decessi) che nel 2030 sarebbe di più di centomila persone perse alla fine dell’anno rispetto all’inizio. Un’Italia che investisse sulla crescita della popolazione nel 2030 conterebbe 65 milioni e 200 mila abitanti e si appresterebbe ad arrivare a 70 milioni nel 2065. La popolazione straniera residente sarebbe ancora di 9 milioni e mezzo di persone e non 15 milioni come si avrebbe nell’ipotesi alta. La popolazione attiva 19-65 anni sarebbe superiore a quella non attiva di una decina di punti e non appaiata.
- EMIGRAZIONE
SE
Secondo lo Svimez, che monitora lo sviluppo del Mezzogiorno, il Sud è a rischio desertificazione industriale. I consumi non crescono da cinque anni, il tasso di disoccupazione reale supera il 28%, aumentano le tasse e si tagliano le spese, una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese, e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa. E si continua a emigrare verso il Centro-Nord dove almeno un spiraglio di futuro si intravede grazie a tassi di corruzione e criminalità inferiori e a settori economici in salute e innovativi. Lo spiraglio sembra però non sufficiente. Secondo il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes nel 2013 l’emigrazione degli italiani all’estero è cresciuta del 3%. Chi fugge dall’Italia ha tra i 35 e i 49 anni di età, non è sposato, ha un diploma o una laurea. Molti sono ricercatori e lamentano la mancanza di un sistema meritocratico.
ALLORA
Con queste premesse il Sud perderà tra i 700mila e gli 890mila abitanti e si assisterà a una fuga dei più giovani senza precedenti, che porterebbe il Nord del Paese a contenere il 53% della popolazione contro il 20% del Sud. Complessivamente, la migrazione interregionale coinvolgerà tra i 4 i 6 milioni di persone e tutto questo alimenterà le disuguaglianze territoriali: sono infatti le famiglie più giovani e i lavoratori a spostarsi, peggiorando la dipendenze del Sud dall’assistenza dello Stato. La migrazione verso l’estero danneggerà non solo l’economia ma anche la qualità della classe dirigente visto che una ampia fetta di cittadini altamente formati e meritevoli vivranno ormai in altri Paesi.
A MENO CHE
Da subito i prossimi governi dovrebbero rilanciare il Mezzogiorno, puntando alla creazione di posti di lavoro. In questo caso, l’Italia del 2030 avrebbe una distribuzione più razionale della popolazione e un processo di invecchiamento meno rapido nel Meridione, con una popolazione under 14 ancora vicina ai due milioni di persone e non un milione soltanto come sarebbe se avessimo avuto pessimi governi. Altra azione riguarderebbe il “brain back” con politiche per riportare in Italia il capitale umano disperso all’estero.
- COMPORTAMENTI ELETTORALI
SE
L’Italia continuerà ad essere quello che è, cioè un Paese vecchio, sempre più vecchio…
ALLORA
Sono piuttosto prevedibili molti comportamenti, da quelli elettorali a quelli di acquisto. Un Paese vecchio è un Paese che tende a votare verso il centro, a difendere il potere di acquisto e a porre in alto argomenti come la sicurezza, la sanità, le pensioni. L’Italia del 2030 è, in questo scenario, un Paese che vota ancora Renzi, o Marina Berlusconi, che è spaventata dai movimenti e che non approva riforme sul lavoro e il welfare. Il risultato è che l’Italia è in costante pericolo di default perché il sistema non è sostenibile ma il voto dei più giovani non interessa abbastanza i partiti, che non vogliono perdere quello, più consistente, dei conservatori. Risultato? Nessuno sa più garantire il welfare agli under 65 dei decenni successivi e si spera in un miracolo.
A MENO CHE
La popolazione non sia più giovane, e l’economia migliore. In questo caso, anche i comportamenti sociali modificano le politiche: il Partito Democratico e il Partito Liberale nel nome di Berlusconi si sfidano vicendevolmente a fare meglio, anche perché incalzati dal Movimento per Di Maio presidente, tutti interessati al voto dei più giovani, che vogliono risposte al problema della sostenibilità, sociale e ambientale. Le riforme, l’apertura all’Europa, il costo della politica e la governance delle nuove opportunità digitali sono all’ordine del giorno in Parlamento.
- PIL E OCCUPAZIONE
SE
Con un aumento di pochi decimi di punto percentuale, il Pil italiano salirebbe da 2013 miliardi di dollari a 2868 miliardi di dollari. Considerando la crescita di altri Paesi, l’Italia passerebbe dal decimo all’undicesima posizione tra le maggiori potenze nel mondo. Tecnologia e informatica continueranno a determinare i mutamenti nelle professioni a livello globale facendo scomparire molti mestieri e posti di lavoro. Durante l’arco di ogni vita si faranno almeno due o tre mestieri diversi.
ALLORA
Con una bassa produttività, il tenore di vita attuale non sarà più sostenibile. I “bamboccioni” potranno contare sempre meno sul reddito e sul patrimonio dei genitori per compensare i propri redditi bassi. Mentre nei sindacati rimarranno solo i pensionati, diventeranno via via inutili mestieri come i commercianti al dettaglio e i postini.
A MENO CHE
Per evitare lo schianto, il tasso di occupazione dovrebbe salire al 60,1% nel 2030 (ora siamo intorno al 55%). Incrementare l’occupazione femminile, fino a raggiungere il livello di quella maschile, pomperebbeil Pildel 22,5%. Nuovi posti di lavoro potrebbero essere creati investendo sui noti punti forti italiani, come industria del lusso e turismo, su settori come robotica, biotech, manifattura e su nuove professioni legati all’innovazione come il “memory augmentation surgeon”, il medico che aiuterà gli anziani a conservare la memoria.
- PENSIONI
SE
Con l’attuale sistema previdenziale i dipendenti a tempo pieno che per 35 anni hanno guadagnato 2.500 euro al mese, nel 2030, anno in cui scomparirà del tutto il sistema retributivo, riceveranno circa 688 lordi al mese. I lavoratori autonomi dovranno accontentarsi di una rendita lorda attorno al 47% dello stipendio. Per avere una pensione dignitosa, il lavoratore italiano dovrebbe versare nel corso della sua vita lavorativa almeno 300-400 mila euro di contributi.
ALLORA
Con produttività e pensioni bassi il rischio povertà è assicurato per un’ampia fetta di cittadini. Questo avrebbe un impatto sui consumi e sullo stile di vita, oltre che sull’ordine sociale.
A MENO CHE
Per non rischiare la povertà in vecchiaia i lavoratori dovranno avere una pensione integrativa. Oppure, come temeva l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua, dovranno fare una rivoluzione contro le generazioni più anziane e contro l’istituto che con i contributi dei più giovani aiuta a pagare le pensioni di nonni e genitori.
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