Berlusconi

di Alessio Dell’Anna

Zio Paperone era un uomo, pardon, un papero, tutto d’un pezzo. Eppure, quando trascinava a forza Paperino in giro per il mondo alla ricerca di tesori nascosti, lo faceva perché era romanticamente convinto che dietro a ogni leggenda di relitti sommersi o antichi forzieri aztechi, si celasse sempre un fondo di verità. Da una parte lo guidava l’amore -per il denaro ovviamente, ma sempre di amore si trattava-  e dall’altra il sospetto. Il fatto di non escludere mai nessuna possibilità. E se il sospetto qualche volta si rivelava infondato e gli faceva ripescare vecchi scarponi, altre volte gli dava ragione e lo faceva tornare a casa ancora più ricco. Con buona pace del povero Paperino, al quale non veniva manco riconosciuto il rimborso spese.

A proposito di leggende, in queste settimane sul PDL ne stanno girando veramente tante. Prima “Italia Pulita”, ora la fantomatica “Rosa Tricolore”;  invenzioni, costruzioni, forse prettamente giornalistiche e sempre smentite categoricamente dagli interessati, certo. Eppure le continue apparizioni di Berlusconi sparse un po’ qua e là mi danno da pensare che il fantasma del Cavaliere Mascherato non sia del tutto svanito e aleggi ancora sinistramente dietro le quinte del teatro della politica.

“Le tenebre strisciavano di nuovo nella foresta del mondo, correvano voci di un’ombra ad est, sussurri di una paura senza nome. E l’anello del potere percepì che era giunto il suo momento.”

Io ho un terribile sospetto. Ho il terribile sospetto che lui, dopotutto, ci creda veramente.

In fondo, come Zio Paperone, è un sentimentalista anche lui. Negli anni ’80  salvò per la sola fede calcistica un disastrato Milan a rischio fallimento,  ha saputo emozionarci nella suo lavoro di reinterpretazione della canzone napoletana (a proposito, quando esce il disco?), ed è stato autore e regista di spettacoli d’avanguardia universalmente riconosciuti al teatro di Villa Grazioli. E’ insomma un artista poliedrico, un  artista vero. E come tutti gli artisti soffre terribilmente a restare fuori dalla scena. Il suo pane sono gli applausi della gente, la sua ubriacatura è quella della folla delirante che inneggia al suo nome. Insomma, è uno di quei numeri 10 che non puoi lasciare in panchina, soprattutto se, come peraltro ha dichiarato egli stesso, a fare l’allenatore è proprio lui!  Seduto lì, sente i tifosi che chiamano il suo nome dagli spalti, gli dedicano cori (Silvio, Silvio!), e digrigna i denti in cagnesco perché non può entrare a soddisfare il proprio pubblico.

Già, il pubblico, è proprio quel pubblico che mi fa nascere un altro sospetto: che dietro l’esercito di astensionisti si celi una consistente fetta di berlusconiani (e magari ex leghisti) pronti a non darsi vinti alla sinistra (soprattutto a questa sinistra)  e a seguire il proprio leader fino alla morte, costi quel che costi, nel caso gli venisse concessa la possibilità di scendere in campo un’altra volta. A maggior ragione in questo momento che il governo Monti (a torto o a ragione, questo lo vedremo poi) sta conoscendo il momento più difficile del suo mandato. Io non lo escludo. Se tornasse un leader forte nel centro destra, molti potrebbero rimettere la propria camicetta azzurra e tornare a marciare per le strade per il proprio eroe al grido di “Io non ho tradito!”. Bossi, che prima ricopriva le posizioni più folkloristiche all’interno della coalizione ora forse è fuori una volta per tutte. Si limiterà a giocare il ruolo del vecchio patron che va allo stadio la domenica, stringe qualche mano, rilascia due interviste, e se ne torna a casa tranquillo senza preoccupazioni e responsabilità. Il futuro della Lega non è ancora chiarissimo, ma sembra ormai che abbia preso piede il Maronismo, o Maronianesimo, se vogliamo evitare di fare riferimenti pubici. Ma il popolo del PDL è dichiaratamente pieno di “nostalgici”. Molti andrebbero a votare per Berlusconi domani  (“Lui ci aveva tolto l’ICI, e Monti ci ha messo l’IMU!”)  facendo magari di Daniela Santanchè una novella eroina popolare nella sua esortazione a non pagarlo. È quella gente che (non possiamo dargliene completamente torto),  non riesce ad andare al di là di quelle due o tre cose che vive sulla propria pelle, e si ostina a non riconoscere di essere stata truffata per vent’anni.

Si sa, se i veri cambiamenti nella politica si  vedono solo alla lunga, ancora più dura da cambiare è la coscienza di un popolo. Un popolo che oltretutto ha la cattiva abitudine di dimenticare facilmente e considerare da sempre le sue negligenze come un comportamento giustificabile e, talvolta giustificato, dalla mala politica.

E così, in queste torride ore di fantamercato, (via La Russa, Alfano, Gasparri…dentro Renzi e un altro centravanti di sfondamento), concediamo spazio alle fantasie, magari ridiamoci su, ma stiamo attenti a non farci friggere un’altra volta.

Magari non succede, ma se succede…


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