il Bureau - contrappunto - gaza

di Alberto Gioffreda

Bombe, raid, missili e attentati. Nella striscia di Gaza si è combattuto per giorni prima di arrivare a una tregua. E in Italia ne hanno parlato solo i giornali. Cronache, reportage e interviste a esperti stranieri. La politica? Ha taciuto. Ci sono in corso le primarie, da una parte e dall’altra. Cinque candidati a sinistra, forse di più anche a destra. Si parla di Imu, crisi, occupazione, giovani, scuola. E poi è arrivato il sequestro del ragionier Spinelli, personalmente una reincarnazione del geometra Calboni, con tante signorine Silvani attorno ma che non vanno a letto con lui.

Per chi si candida a governare l’Italia, la questione tra Israele e Palestina è troppo lontana, materia da intenditori. O forse si crede che non sia argomento che interessa agli elettori. Sarà sfuggito qualcosa, ma siamo ancora un paese che affaccia sul Mediterraneo, forse il paese più importante insieme alla Turchia. E il Medioriente è più vicino di quanto si possa credere. Potremmo giocare un ruolo, riprendere un po’ di smalto a livello internazionale.

Invece no. La politica estera, si sa, è la parente povera delle elezioni. Anche Obama e Romney, per la prima volta nelle presidenziali americane, hanno dato meno risalto agli esteri e di più all’economia. Ma un paio di battute se le sono scambiate. Da noi, tra i dieci, dodici prossimi aspiranti a Palazzo Chigi nessuna parola e nessuna domanda sul tema. Del governo in carica, il ministro degli Esteri pare che sia stato al telefono tutto il giorno a confrontarsi con gli omologhi israeliano ed egiziano. Non è dato sapere quello che si son detti.

Forse è questa la differenza tra un grande e un piccolo Paese. E chi si candida a diventare presidente del Consiglio si spera abbia un’opinione. Renzi, Bersani, Monti, Alfano. Qualcuno si pronunci. Oppure possiamo continuare a guardarci l’ombelico. E non vedere nulla oltre Lampedusa.

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