di Michele Paolini Paoletti
Concluso il Festival della Filosofia di Modena-Carpi-Sassuolo con le sue discutibili scelte (Fabio Volo e la filosofia stanno tra loro nello stesso rapporto intrattenuto dal parmigiano e la pasta col tonno), il lettore si trova sommerso da inserti filosofici del Corriere della Sera, articoli di Severino, Galimberti e Vattimo pieni di trattini, virgolette e parole complicate, e, non da ultimo, è attanagliato da domande come: “ma Cacciari, se ragiona da filosofo, che può capirci di Renzi e Bersani?”. Noi abbiamo scelto di aiutarvi.
Ecco qui una guida sui dieci tipi filosofici italiani del nostro tempo.
1) L’EVOCATORE
Usa spesso parole roboanti, metafore e similitudini poetiche ed immaginifiche, spesso incomprensibili, talvolta oscure, per rispondere alle grandi questioni filosofiche di ogni tempo. Se appartenete a questo tipo e non siete Heidegger, lasciate perdere; se siete Heidegger, pure.
Alla domanda: “ma la proposizione P è vera?”, risponderà evocando sentieri, luminarie, fenomeni naturali consueti ed inconsueti.
2) IL PAROLAIO (O: DELLA CIRCONVENZIONE DI INCAPACI)
È una variante infingarda del tipo (1). È un po’ meno intelligente di quest’ultimo e, forse per questo motivo, utilizza immagini ancora più audaci e che lasciano ancor più perplessi. Spesso poi utilizza tali arti per scrivere un libro all’anno e venderlo ad una marea di accoliti (magari promuovendolo su qualche grande quotidiano).
Alla domanda: “ma P è vera?”, risponderà come il tipo (1), ma vi chiederà anche di comprare il suo ultimo libro per saperne di più.
3) IL MAESTRO DEL NOSTRO TEMPO
È chiamato dall’opinione pubblica a dirimere il senso della storia, a scorgerne il fine e la prospettiva, dietro il velo di enigmaticità del presente tecno-global-consu-etc. Spesso si presenta come il tipo (1) (generalmente quando non sa bene cosa dire), altre volte come il tipo (4) (v. infra).
Alla domanda: “ma P è vera?”, risponderà indicando il panorama storico del nostro tempo, che non permette più di rispondere alla domanda e che non le conferisce più senso, oppure che fornisce una risposta standardizzata (ovviamente da rivoltare come un calzino). Ha due varianti:
3a) Il pensatore inattuale (pessimista)
Dice che, una volta, si faceva filosofia, gli scienziati e i tecnocrati stavano al loro posto, i politici erano ben formati umanisticamente e che tutto andava per il verso giusto (o comunque, che lui stesso sarebbe stato stimato un po’ di più nella società, e magari avrebbe guadagnato di più). Ora, invece, le cose non procedono più bene. Ha, a sua volta, una variante conservatrice (3aa), che propone di restaurare qualcosa dei bei tempi antichi, e una variante rivoluzionaria (3ab), che propone invece di capovolgere tutto e rimettere al primo posto (non si sa bene come) le arti, le humanae litterae, la filosofia, etc.
3b) Il pensatore attuale (ottimista)
Magnifica le “magnifiche (appunto) sorti e progressive” offerte dal progresso tecnico-scientifico. Ritiene spesso che la filosofia debba purificare il progresso da tutti i residui religioso-metafisici (oscurantistici, chiaramente) che lo trattengono dal rispondere a tutti i bisogni più impellenti della specie umana.
4) L’ESEGETA
Costui ragiona sempre per grandi categorie storico-culturali: “fine dell’uomo”, “età della tecnica”, etc. Qualche volta ha le pretese del tipo (3). Altre volte, invece, si rifiuta di parlare del presente, per instaurare grandi narrazioni sulle ere filosofico-culturali del passato.
Alla domanda: “ma P è vera?”, risponderà citando quelle grandi categorie che la renderebbero vera e quelle che, invece, la renderebbero falsa. Qualche volta critica queste ultime.
5) IL FILOLOGO
Conosce benissimo i testi di un autore o degli autori di un determinato periodo storico, nonché tutta la bibliografia secondaria, terziaria (o di n-tipo) per quel determinato argomento. Se vuoi lavorare su quell’argomento, ti dirà subito di restringere il campo ad un determinato aspetto di un determinato aspetto, etc. di quel filosofo o di quei filosofi di quel periodo storico.
Alla domanda: “ma P è vera?”, citerà almeno due testi nei quali l’autore x la ritiene vera, la sfuma o la ritiene falsa (spesso nello stesso testo).
6) IL GIOCHERELLONE
Ritiene che la filosofia non debba più occuparsi di “grandi questioni”, dal momento che il tempo delle “grandi questioni” è tramontato. Spesso lo trovi al bar a parlare di filosofia come si parlerebbe di donne, motori e calcio. Critica i grandi autori delle grandi questioni metafisiche con una sottile ironia che, alla fine, non coglierà il punto delle possibili obiezioni, ma ti farà passare quei grandi autori come degli imbecilli.
Alla domanda: “ma P è vera?”, si metterà a ridere.
7) IL CATALOGATORE DEL BANALE
Condivide talvolta le premesse del tipo (6) ma, proprio per questo motivo, si occupa di un determinato aspetto o oggetto della vita quotidiana per coglierne la “filosofia di…”. Spesso questa “filosofia di…” poggia sul buon senso comune e non dice granché. Ma visto che sviscera il senso comune per trarne qualche conclusione, riesce a vendere qualche copia dei suoi libri e a farsi ascoltare da qualcuno.
Alla domanda: “ma P è vera?”, restringerà anzitutto l’ambito di P ad un determinato contesto da toccare con mano in una determinata ora della giornata e, successivamente, vi dirà qualcosa di P che potrebbe dirvi anche vostra nonna o qualche sano, vecchio proverbio popolare.
8) L’INTELLETTUALOIDE IMPEGNATO
A differenza del tipo (3) e del tipo (4), l’intellettuale impegnato ha in testa una determinata causa socio-politica da sostenere e per la quale lottare in modo alacre. Chi lo contraddice su qualche punto diventa subito un nemico della causa (o della sua scuola di pensiero, se ne ha una). Si richiamerà a presupposti politico-filosofici non ulteriormente indagati (i diritti civili, la libertà di qualcosa, etc.) ma che, dal suo punto di vista, se dovessero essere fondati o interrogati in qualche modo, lascerebbero scivolare la lotta per la causa nel dubbio paralizzante.
Alla domanda: “ma P è vera?”, valuterà anzitutto l’opportunità di P per la causa e le sue possibili implicazioni socio-politico-economiche. Poi, se P non dovesse essere opportuna, ma a voi sembrerà vera, vi scriverà qualche recensione contraria su qualche giornale.
9) IL LOGICOMANE
Indaga costantemente l’uso del linguaggio, la sua struttura logico-formale, l’estensione e l’intensione delle parole. Alla fine, si basa sempre su presupposti metafisici e scivola sempre in qualche sistema di metafisica, ma non lo dice, perché si sentirebbe male ad ammetterlo.
Alla domanda: “ma P è vera?”, cercherà anzitutto i costituenti logici di P, la loro estensione ed intensione. Se P non dovesse avere queste ultime, griderebbe: “Metafisica!”. Ma invidierebbe, sotto sotto, quella stessa possibilità di metafisica.
10) IL METAFISICO DEI TEMPI ANDATI
Crede che un determinato sistema metafisico del passato funzioni perfettamente e che, per qualche travisamento o per qualche pregiudizio o complotto (nei casi peggiori), quel sistema non sia stato seguito nel corso della storia. Si propone di riscoprirlo allora con calma e serenità, parlando beatamente col linguaggio degli antichi o, se vuole farsi ascoltare di più (spesso senza successo), con qualche linguaggio filosofico moderno.
Alla domanda: “ma P è vera?”, risponderà dicendo sì o no nettamente rispetto a quel grande sistema filosofico del passato e aggiungendo poi, con un sospiro: “O tempora! O mores!”