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di Elisabetta Terigi

Un tempo c’era il mito del grande fratello del romanzo di George Orwell. Occhi che tutto potevano osservare. Qualche decennio dopo è arrivato lo show televisivo nel quale uomini e donne decidono di mostrarsi davanti alle telecamere 24 ore su 24. Per diventare a tutti i costi protagonisti del piccolo schermo. Anche se solo per pochi giorni. Lo spione dell’ultima generazione – non è una novità – viaggia su internet e si chiama Facebook.

Ormai è risaputo – Le aziende prima di assumere consultano gli account dei social network dei candidati. Controllano se sono persone affidabili o se nascondono qualche aspetto particolare. L’anno scorso sul sito della testata giornalistica Usa Today uscì un servizio su aziende che durante i colloqui ai loro candidati chiedevano username e password degli account personali. Adesso un passo ulteriore: dai like relativi al proprio account si può capire l’orientamento sessuale, l’idea politica, la religione e tanto altro.

Niente di inventato – Michael  Kosinsky del centro di Psicometria dell’Università di Cambridge, con i suoi colleghi, ha fatto un test  – come riporta Der Spiegel online – su 58.466 volontari statunitensi. In media ognuno di loro ha premuto 170 volte il tasto like. Piacciono oltre 55mila pagine internet come quella della Cnn o il programma tv di satira “The Colbert Report”. Alla base della ricerca c’è un modello matematico che permette di stabilire, a partire dai like, informazioni personali tenute riservate, con una percentuale di veridicità in media superiore all’ottanta percento. In una mail all’emittente statunitense ABC news,  David Stilwell, uno degli studiosi di psicometria di Cambridge, ha specificato: «Alcune delle informazioni che prediciamo sono personali come il quoziente di intelligenza o le idee politiche di una persona. È discutibile – aggiunge Stilwell – se questi dati siano privati o no».

A seconda di come usi facebook, si capisce quanto sei intelligente – Ha una grande mente  – secondo gli studiosi di Cambridge – chi clicca mi piace su “The Colbert Report”, chi ama film come “Il Padrino” o “Il buio oltre la siepe”. Chi invece preferisce dire al mondo della rete che va pazzo per la catena di profumerie e linea di prodotti “Sephora” o per le moto “Harley Davidson” non ha – sempre secondo gli analisti di Cambridge – tanto sale in zucca. I mi piace su “Hello Kitty” sono riconducibili a persone aperte, piuttosto che a quelle ligie al dovere o stabili dal punto di vista emotivo. Negli Stati Uniti i like su “Hello Kitty” sono generalmente di giovani, afroamericani e democratici. È facile poi scoprire gli omosessuali: prove inconfutabili sembrano essere i click  su “Mac Cosmetics”, marca di cosmetici canadese o su spettacoli come “Wicked the Musical”.

Il progresso e l’altra faccia della medaglia – La tecnologia va avanti, ma certi studi, che incasellano le persone in fredde categorie, hanno un sapore stantio. È lo stesso Kosinsky a rendersi conto della pericolosità del suo studio: «Quel che è scioccante è che tu puoi usare gli stessi dati per capire l’orientamento politico e quello sessuale. Questo è un aspetto che la maggior parte della gente non realizza». Attraverso i like di Facebook si condividono informazioni e gusti che possono essere utilizzati per indagini di mercato e a fini pubblicitari, ma anche per altri obiettivi. L’aspetto più preoccupante è che la maggior parte degli utenti non si rende conto di ciò che sta condividendo e di come l’informazione, fornita magari inconsapevolmente, possa poi essere utilizzata. Quando si preme il tasto mi piace su Facebook dunque bisognerebbe stare ben attenti e, piuttosto di volersi esibire a tutti i costi, si dovrebbe essere più gelosi della propria privacy.

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