santanche

di Valentina Parasecolo

Negli anni di governo di Berlusconi uno degli aspetti più evidenti dell’impianto identitario pidiellino era il procedere uniformemente alle spalle del capo. Una schiera compatta di uomini e donne di potere, lacchè spregiudicati per alcuni, salvatori inossidabili per altri. Archiviato il dito puntato di Fini, quella del Pdl era sostanzialmente un’unione senza defezioni che spacconeggiava davanti agli avversari ritenuti divisi, deboli, senza leadership. L’unione è rimasta, l’assenza di defezioni pure. A mancare è altro: è l’inalterabile faccia del vincente di deputati, ministri, portavoce, consiglieri, presidenti seduti sui divanetti di Porta a Porta a difendere l’ “Indifendibile”. Alla faccia del vincente è subentrata quella dello smarrito e poi quella di chi si eccita a sapere di avere ancora un padrone.

La deriva della zattera della Medusa (come l’ha definita ieri De Bortoli in un editoriale di ieri) di questi giorni è uno spettacolo umiliante anche per chi l’ha desiderata in tutti questi anni. Quella schiera compatta è diventata un gruppo di poveri cristi degradati dagli ennesimi deliri del capo, che oscilla giornalmente tra “scendo o non riscendo in campo”. Fino al coup de théâtre (e di reni) degli ultimi due giorni, con il ritorno del boss, la ritorsione nei confronti del governo dopo le dichiarazioni di Passera e l’annuncio del futuro astensionismo verso Monti. Questa nuova posizione ha galvanizzato tutti, esclusi pochi come la Meloni e Frattini. Ma bisognerebbe capire: perché i pidiellini non smettono di seguire il capo? Se c’è della verità nella retorica dell’onore di destra, perché non reagiscono alla mortificazione di essere trattati come la bambola di Patty Pravo e non abbandonano la zattera?

Nelle ultime settimane, forse per un fraintendimento sul senso della partecipazione e delle primarie, alcuni elettori (gli unici veri orfani del Pdl) non hanno esitato a cercare in Renzi il nuovo capo. Non è questo uno smacco poderoso, segno di una chiara confusione su identità e appartenenza? Una confusione del resto aggravata dagli ormai ex candidati alle primarie del Pdl che, di fronte alla competizione del centro sinistra, hanno mostrato rispetto, quasi stima. Sui divanetti di Porta a Porta i leader che si contendevano il primato, il dibattito sui contenuti, la coalizione fondata su un apparato eterogeneo all’improvviso non erano più sintomo di uno schieramento fragile, da bullare, ma un “grande segno di forza e democrazia”. Ora che Bersani è stato eletto e Berlusconi è tornato, il fair play resisterà alla solita sbornia della prova di forza, alla vertigine che dà l’idea di poter far cadere un governo, all’eccitazione di avere di nuovo il padrone? O verrà ricordato dai pidiellini come un momento di debolezza mentre la zattera affondava?

 

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1 Comment

  1. Massimo Bocchia dicembre 7, 2012 Reply

    Una possibile sintetica risposta alle tue due domande può essere data con questo aforisma:

    “Ci sono stati tempi in cui gli schiavi bisognava comprarli legalmente”.
    (Stanislaw J. Lec)

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