SUICIDI CONTINUI. IL PD SEMBRA UN EMO

il bureau - Suicidi continui. Il PD sembra un Emo

A chi avesse visto in streaming, o seguito in altri modi più tradizionali l’assemblea del Partito Democratico tenutasi sabato – quella che avrebbe dovuto stabilire finalmente le nuove regole dello Statuto e invece non ci è riuscita – è difficile dire qualcosa che non abbia già pensato e quasi impossibile dire qualcosa che possa rincuorarlo. Sul PD e la sua formidabile, comica inclinazione all’autolesionismo si è ormai detto tutto, è uno stillicidio di suicidi continui. Altro che yuppismo alla Renzie: che il PD sia nato Emo..?

La questione è nota, l’assemblea avrebbe dovuto ristabilire la ragionevole separazione tra la carica di segretario di partito e quella di candidato alla Presidenza del Consiglio, mettendo finalmente in soffitta la soluzione imbecille di Veltroni, che per evitare “l’effetto Prodi”, invece di approfondire le ragioni dell’instabilità di quella coalizione di centrosinistra, imbastì una soluzione burocratica.

Soluzione che non piaceva più a nessuno e a dirigenti come Rosi Bindi non era mai piaciuta (vedasi rassegna stampa, facilmente recuperabile in Rete). Eppure, proprio dalla Bindi è venuto sabato un autentico blitz ultra-regolamentare per boicottare quanto era già negli accordi e che stava bene a tutti i candidati, ma non ai veltroniani e a una serie complessa di veti e controveti che sarebbe inutile elencare. Tanto dove spari, centri il bersaglio.

Perché questo blitz? L’idea che un partito possa scegliere così presuntuosamente il candidato in pectore alle elezioni nazionali, infischiandosene del numero pressoché infinito di incognite e fattori di una campagna elettorale da vincere in un tempo diverso da quello nel quale questa carica viene eletta, poteva venire in mente soltanto a un’anima bella come Veltroni ed era fragile come il suo pensiero politico.

Tanto che alla prima buona occasione il segretario Bersani ha dovuto inserire una norma transitoria per permettere ad altri candidati nel frattempo cresciuti nell’alveo democratico di mettere alla prova le loro idee e confrontarsi lealmente e giustamente per una missione politica amministrativa. Così diversa da quella partitica.

Quando però si è trattato di rivedere lo statuto in questo senso la schizofrenia ha di nuovo preso il sopravvento ed è saltato tutto. Musi lunghi fuori dall’assemblea, deputati terrorizzati di essere di nuovo inseguiti al ristorante, e sorrisi compiaciuti e paciosi di protagonisti come Fioroni o la Bindi a favore di telecamera da far accapponare la pelle. Come dei Rasputin con il colesterolo.

Il risultato è che attualmente, essendo saltata anche la norma transitoria, se cadesse il governo il candidato premier sarebbe … Epifani. Un capolavoro al contrario, un triplo sarto mortale carpiato all’indietro con martellata nelle parti intime. Naturalmente nulla è compromesso: Berlusconi non può far cadere il governo, a dicembre si terranno le primarie per la segreteria, che qualcuno vincerà e che comporterà (un’altra volta) la concessione da parte del segretario ad altre primarie con altre norme transitorie; il popolo della sinistra andrà due volte – sborsando 4 euro in tutto – per ribadire la stessa cosa e votare la stessa persona, come l’altra volta, oppure per dire due cose diverse. Stabilendo la totale inutilità in senso morale e in senso tecnico di quanto accaduto all’assemblea.

A questo punto, visto che è così lampante l’istinto di questi personaggi di uccidere un’area politica così importante, ultimo baluardo prima dell’esondazione della politica-fiction e della politica-blog, resta soltanto lo scontro definitivo: dovrà essere questa area politica a sbarazzarsi di loro.

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