di Valentina Parasecolo
Le terre rare sono chiamate “il nuovo oro dell’era tecnologica”. Utilizzato per produrre smartphone, pannelli fotovoltaici, veicoli ibridi e fibre ottiche, questo gruppo di diciassette elementi viene prevalentemente in Cina. In Italia non se ne estrae ma nel suo sottosuolo ci sarebbero enormi bacini di
antimonio e titanio. Non sono terre rare ma sono comunque materiali fondamentali per l’industria tecnologica.
Localizzati in Toscana e Liguria, questi giacimenti rappresentano secondo Andrea Ketoff, direttore generale di Assomineraria, «una cassaforte piena di ricchezza sepolta nel terreno che non tiriamo fuori». Si tratta dei più grandi bacini europei, i secondi a livello mondiale, di antimonio e titanio che vengono usati ad esempio nella produzione di diodi e computer portatili.
Mattia Pellegrini, responsabile per le materie prime nella Commissione europea, ha spiegato: «Nel 2011 abbiamo pubblicato una lista delle materie da cui dipendiamo per tutte le tecnologie, e alcune di queste le importiamo al 100%».
Senza di queste l’economia hi-tech, come gli smartphone, i computer, i pannelli solari, le tecnologie a schermo piatto o le macchine ibride, non potrebbero essere realizzati. Considerando che almeno trenta milioni di posti di lavoro nell’Ue dipendono dall’accesso alle materie prime, sull’Italia pesa la responsabilità di una scelta: sfruttare (e come?) o continuare a comprare.