il Bureau - contrappunto - psicodramma del centrosinistra

di Alessio Dell’Anna

Nella tragicommedia che rappresentano queste elezioni, non è tanto il boom del redivivo Berlusconi o il rovinoso crollo del PD a doverci far ridere (semmai c’è da piangere) ma il solito arruffarsi di partiti che, vuoi per motivazioni diverse, dopo aver fatto magro risultato se la prendono con tutti tranne che loro stessi.

Fra questi c’è ovviamente Rivoluzione Civile, che con un misero 2% si è ritrovato fuori dal Parlamento, ma è riuscita a  spiegare la questione in modo a dir poco spicciolo: “E’ tutta colpa del PD”.

Storie di ordinaria follia (politica)

Andiamo alla giornata di lunedì. Ruotolo è il primo a venire fuori dalla sede dopo ore e ore di no comment, tira fuori un comunicato che legge con la stessa marmorea gravità di chi non caga da trentacinque ore, e dichiara: “Avevamo proposto un dialogo al PD, ci è stata sbattuta la porta in faccia. Ringraziamo comunque gli elettori, la Rivoluzione Civile sta diventando una realtà nel Paese”. A giudicare dalla surrealità dei contenuti e dalla solennità dei toni, pare che il testo gliel’abbiano scritto quelli di Marxisti per Tabacci, insomma, non ci crede nemmeno lui. Ma Ingroia rincara la dose, e oltre a prendersela con l’informazione, rea di non aver dato abbastanza spazio a Rivoluzione Civile (dimenticando che Grillo non è andato una sola volta in TV), dichiara: “Il centrosinistra ha condotto tutta la campagna contro di noi, e così ha consegnato il paese alla destra”.

Insomma, non solo Bersani si è visto portare via quote importanti da RC, ma gli è toccato anche addossarsi le colpe del loro fallimento. Al solito, cornuti e mazziati.

La campagna dell’impudenza

Magari si sbaglierà, ma pare che Ingroia non sia sceso in campo con tutte queste intenzioni di collaborare col PD. Anzi, che fin dal primo momento si sia posto -cocciutamente, ma con coraggio- come vera e propria alternativa al partito di Bersani pareva abbastanza chiaro. Semmai, la porticina aperta era stata lasciata al Movimento 5 Stelle, alleanza che poi non si è concretizzata.

Forse Ingroia ha sottovalutato, nella non-analisi della sua sconfitta, alcuni aspetti della sua campagna comunicativa. Campagna che, se per certi versi è stata affrontata su temi condivisibili (lotta incondizionata all’evasione fiscale e alla corruzione), dall’altra si è espressa con modi e toni un po’ arroganti, che probabilmente hanno finito per penalizzarlo più di quanto credesse di esserne avvantaggiato.

In primo luogo l’aver formato un partito prettamente personale basato sul modello dipietrista ha dato la sensazione di vedere un film già visto; si fosse limitato a una normale leadership sarebbe stata cosa usuale per un partito neonato, ma l’ex magistrato ha dato l’impressione di voler focalizzare un po’ troppo la scelta su di sé, e in maniera piuttosto inelegante: a partire dalla scelta del simbolo.

Ingroia si è deliberatamente appropriato di uno dei simboli più importanti dell’immaginario non solo della sinistra, ma di un’intera epopea, stampandoci sopra il suo bel nome a caratteri cubitali, e rinnovando il vecchio vizio di una sinistra che si crede universale e invece non riesce nemmeno a coltivarsi il suo orticello: più che un richiamo ai valori di una sinistra storica, una blasfemia. Ma in senso di appropriazione indebite Ingroia è stato, per così dire, artisticamente trasversale, nel rubacchiare di qua e di là. Vittime inconsapevoli infatti anche numerosi personaggi dei fumetti –come Tex e Dylan Dog- che loro malgrado sono stati affiancati a slogan poi sparsi per il web (c’è chi dice da sostenitori), e poi “ritirati” –per modo di dire- dopo diffida della stessa casa editrice.

Ciliegina sulla torta, l’annuncio, negli ultimi giorni di voler denunciare Berlusconi per voto di scambio. Un botto, forse l’unico che ha caratterizzato una campagna tutto sommato sonnolenta, chiusa con un’ uscita che ha saputo solo di colossale farsa propagandistica.

Fate entrare i clown

A proposito di farse, nel marasma delle dichiarazioni post voto c’è stato anche spazio per il candidato Gianfranco Mascia, che ha fornito una terza interessante chiave nell’individuare le cause del disastro RC. Quale?

“Siamo stati penalizzati da Crozza, che ci ha segato tutto l’elettorato del Nord Italia con le sue imitazioni di Ingroia”

Pare insomma che fra un’imitazione e l’altra il comico genovese abbia fatto più danni a sinistra che a destra. Sarà forse il caso di candidarlo a segretario del PD?

In ogni caso, non preoccupatevi, perchè “ Rivoluzione Civile continua”.  Speriamo senza ulteriori show.

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