La meglio musica dell’anno: Top Ten 2013!!!!!!!1!

il bureau - Bobi Raspati - Note Dolenti

di Bobi Raspati

Stimati seguaci del Bureau, come scorre veloce il tempo! Il calendario declina inesorabile verso la fine dei suoi giorni, la panza preme sulla cintura e la gente non ha soldi manco per i botti: che sia forse il momento di stilare il tradizionale classificone di fine anno? Nel solco delle pessime figure del 2011 e 2012, la rubrica Note Dolenti tratteggia qui il solito ritratto dei tempi di fine anno, giallo e ammuffito ancor prima di vedere la luce. I dieci album proposti, eletti a rappresentare il suono del 2013, saranno come sempre smentiti dagli ascolti a venire. Detto chiaro e forte: divenuta per il bravo giornalista musicale un’usanza imprescindibile, la classifica di fine anno non è che un gioco a perdere (la dignità).

Le ragioni sono le solite. In primo luogo, sebbene poverissimo dal punto di vista economico (o forse proprio in ragione di tale marginalità), il mercato della musica è ormai ipertrofico e tentacolare. Insomma, talmente tanti sono i dischi pubblicati e gli stili che è del tutto impossibile tentare una mappatura esaustiva. Ma poi dove trovarli, questi dischi? Difficile pescare nel fantomatico negozio sotto casa (qualcuno resiste con coraggio, i più hanno chiuso o non sanno che pesci pigliare), altrettanto difficile presso la grande distribuzione (sugli scaffali la polvere è stata spazzata da cuffie, tablet, fabiovolo e xbox).

Ma poi, ha davvero senso parlare di dischi? Mai presente come oggi nelle nostre pratiche giornaliere, la musica è sminuzzata da telefoni e computer, spotify e itunes, oppure fruita come addobbo di negozi e locali. Oppure consumata dal vivo da musicisti, dj, e da noialtri. Comunque butti, nella loro sporca interezza i dischi qualcosa ancora rappresentano, se non altro la vanità di voler fermare il tempo – trenta, quaranta minuti ripetuti a volontà. Nato per vendere quante più canzoni un vinile riuscisse a contenere, il formato album fa a pugni coi nostri ritmi quotidiani. Quaranta interminabili minuti: prestare tanta cura all’ascolto è un gesto radicale. Siccome a noi borghesi chiccosi queste cose piacciono un sacco, ecco i nostri infidi consigli: non canzoni sparse, ma dischi.

Un cenno su chi non ce l’ha fatta, a entrare nella prestigiosa classifica dolente. Tanta musica digitale vaporosa, come l’ambient di Tim Hecker e di Oneohtrix Point Never, i collage suadenti di Lucky Pierre e quelli tetrissimi di William Basinski, o come il dub onirico dei Forest Swords o degli Young Echo. Tanto ottimo jazz, come gli svedesi Fire! Fire! Orchestra, i compassati francesi Yatha Bhuta Jazz Combo e gli spoken-word di Matana Roberts, le strabilianti prove di Mostly Other People Do The Killing Peter Evans Trio, i mille progetti di Rob Mazurek. Com’è naturale tanto rap, Earl Sweatshirt così come l’ottimo ritorno di Ghostface Killah. Ancora: il pop malinconico dei Vampire Weekend e quello politico dei The Knife, il tributo a Lou Reed di Sonny & the Sunsets Dick Diver, il cantautorato acustico di Áine O’DwyerLaura Marling, le algide Julianna Barwick e Jenny Hval, il rock sballone degli Eat Skulls e il noise-rock di Dreamdecay  e Obnox, la psichedelia degli ottimi In Zairedritti fino al rumorismo di Pete Swanson e Pharmakon. Ma pure il minimalismo elettronico di Jon Hopkins, Holden e Co La, e financo i vuoti di RP Boo e Dj Rashad. Ovviamente un sacco di attesissimi ritorni dagli anni ’90, come Daft PunkBoards of Canada, Autechre, My Bloody Valentine, Polvo Sigur Ros, alcuni riusciti e altri meno. E una pioggia di patchwork atemporali, come le sfacciataggini punk di Iceage e quelle post-punk di Beach Fossils, le gag impazzite di Hunx and His Punx, l’indie delle brave Beaches e dei noiosi Savages. Che altro? Mò non mi ricordo, accontentatevi.

A riguardarlo, il 2013 in musica non è certo stato granché. Ecco però le mie scelte: suonatele alle vostre feste di Capodanno, e buon divertimento.

10. Chris Corsano & Bill Orcutt – The Raw and the Cooked [Palilalia]

Un batterista prodigioso e un chitarrista sgangherato: un disco serrato e violentissimo.

9. Colleen – The Weighing of the Heart [Second Language]

Dopo sei anni di silenzio, torna la francese Cécile Schott: finalmente la sentiamo cantare, e benissimo.

8. Rashad Becker – Traditional Music of Notional Species Vol. I [PAN]

Acclamato ingegnere del suono berlinese, Rashad Becker cammina per la prima volta da solo: a noi ridere piace un sacco e quindi amiamo il suo stranissimo album.

7. Tal National – Kaani [FatCat]

Vengono dal Niger e sono distribuiti dall’inglese FatCat (Animal Collective, Black Dice, mùm): più che ballare, le loro intelaiature ritmiche fanno spavento.

6. Zs – Grain [Northern-Spy]

Il collettivo avant newyorkese persiste nella scoscesa via della sperimentazione tra jazz, rock ed elettronica.

5. Paolo Angeli – Sale quanto basta [RēR]

Il talento compositivo del chitarrista sardo cresce assieme allo strambo strumento che costruisce e suona: come sempre, la sua musica è un affascinante pastone fatto di musica mediterranea e jazz.

4. The Haxan Cloak – Excavation [Tri Angle]

Vabbè, questo qui è inglese e ci fa una paura tremenda: ambient scurissima e melodrammatica, costruita per sottrazione. E ricordiamoci che s’ha da mori’.

3. FKA Twigs – EP2 [Young Turks]

Possiamo barare? Beh, questo è un EP, dura giusto 15 minuti ed è composto da 4 sole canzoni: magari finisce che il suo primo album tradirà le attese, ma la gelida rnb di questa raccolta è solida e più che convincente.

2. Dean Blunt – The Redeemer [Hippos in Tanks]

Metà dei nostalgici Hype Williams, il musicista inglese produce un album di pop psichedelico che più scarno non si può: pochi synth, tanti vuoti, un mixaggio sconcertante (il pezzo suggerito è dedicato a un eroe nazionale decaduto).

1. Jar Moff – Commercial Mouth [PAN]

Greco come Alba Dorata e inafferrabile come quei fessi di Anonymous, Jar Moff propone una discarica sonora di schifezze suburbane. imperialismo finanziario e rivolte di piazza. Che sia questo il suono del 2013?

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