Craxi, vittima o colpevole?

di Ilaria Raffaele

Ogni fase storica ha i suoi simboli. Quelli degli anni di Tangentopoli sono tanti pezzi di un quadro che segna tutt’ora, vent’anni dopo, la nostra storia. Per due motivi sarà difficile scordarli: perché hanno determinato gli svolgimenti dal 1992 a oggi e perché i suoi protagonisti sono ancora – per la maggior parte – esponenti di rilievo della vita politica del Paese. Il caso più indicativo è quello di Antonio Di Pietro: già corteggiato da Berlusconi nel dopo-Tangentopoli (gli proponeva un ministero) adesso è leader di un partito da lui fondato, l’Italia dei Valori.

Bettino Craxi è stato rievocato nel 2007 dal neonato partito democratico: fu l’allora sindaco di Torino Piero Fassino a ipotizzare che nel pantheon degli ispiratori ci dovesse essere anche l’ex persidente del Consiglio, morto ad Hammamet nel 2000. Una figura apprezzata da destra e sinistra, quella di Craxi, che era anche amico e mentore di Silvio Berlusconi: un legame mai nascosto che ha le sue radici negli anni ’70, quando Berlusconi era ancora un privato cittadino che di mestiere faceva l’imprenditore. Fu il leader del Psi a dargli una mano quando i pretori volevano costringerlo a rinunciare a Rete4 in chiaro, varando il cosiddetto “decreto-Berlusconi”. Un favore che il patròn di Publitalia ricambiò finanziando il partito tramite la sua società All Iberian. Senza contare che entrambi i Craxi-junior sono in politica: Bobo è stato sottosegretario agli Affari esteri nell’ultimo governo Prodi; Stefania, invece, ha ricoperto il ruolo di Segretario di Stato nello stesso campo nel governo Berlusconi III.

Impossibile poi dimenticare l’evento che ha dato inizio a Mani Pulite: l’arresto di un uomo distinto, alto e dal volto tondo. Mario Chiesa era il punto di congiunzione ideale fra Bettino Craxi e Antonio Di Pietro: era membro del partito socialista come il primo; e fu il secondo a chiederne la carcerazione, causando la slavina di arresti e confessioni che ha smantellato il sistema politico italiano dell’epoca. E causando anche scene comiche, come i finanzieri che trovano mazzette in casa di Duilio Poggiolini nascoste dentro un pouf e nello scarico del water. Altro protagonista, l’hotel Raphael, è diventato l’emblema della rabbia degli italiani contro il Craxi del “così facevamo tutti”.

Il lancio delle monetine al grido “Bettino vuoi pure queste?” ha traghettato il Paese verso la seconda repubblica. Pochi cambiamenti sostanziali, che però hanno influenzato la dialettica tra i partiti, l’agenda politica e lo sguardo dell’opinione pubblica. Uno spartiacque che ha anche dato vita a nuovi concetti: “giustizialisti” e amanti del “tintinnio delle manette” hanno fatto la loro comparsa dopo il ’92, la giustizia è diventata un tema preponderante nei programmi dei partiti e sul suo campo si sono disputate le battaglie più agguerrite. Il vincitore non è stato decretato: l’era di Tangentopoli non è ancora terminata.

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