DIETRO LE SBARRE E DIETRO I BANCHI

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Dietro le sbarre e dietro i banchi

di Elisabetta Terigi

 

«Non avevo mai messo piede in un carcere e mi ritrovai a dover entrare tutti i giorni nel penitenziario di massima sicurezza di Secondigliano, a nord di Napoli».

Ida Plastina ha insegnato per un anno (dal 2010 al 2011) inglese ai carcerati: in classe aveva allievi dai 18 ai 75 anni, finiti in cella per rapina, spaccio, ma anche per associazione mafiosa e pedofilia. «È un’esperienza che tutti gli insegnanti dovrebbero fare: vedere ogni giorno la sofferenza umana fa riflettere anche sulle proprie paure», dice la professoressa Plastina che oggi lavora a due strade di distanza dal penitenziario di massima sicurezza, in un istituto alberghiero nel quartiere di Scampia. «Ora quando giro per strada e passo in luoghi, che prima avrei ritenuto pericolosi e avrei evitato, non ho paura», aggiunge la professoressa, «non sono diventata imprudente, ma riesco a controllarmi meglio. Ho dialogato con l’essere umano in un contesto come il carcere e posso sempre farlo».

 

 

Una sola guardia carceraria controllava il corridoio della scuola e in aula l’insegnante faceva lezione a 25 detenuti. «I controlli al mattino duravano venti minuti», racconta

Ida, «venivo perquisita, non potevo portare bevande, trucchi o deodorante. Erano trentasette i cancelli che si aprivano e si chiudevano ogni giorno». Più del rumore di ciascun ingresso a Ida sono rimaste impresse le urla e i forti odori della cucina.

 

 

La scuola a Secondigliano si trova in un seminterrato ed ha le sbarre. Per Ida non fu facile capire come doveva comportarsi: ma presto trovò la chiave. Lei era comunque un’insegnante, davanti a sé a lezione non aveva detenuti, ma alunni e così li doveva fare sentire. Dava loro compiti, li interrogava e spiegava: se necessario, alzava anche la voce.

Ida era rispettata ma non ha mai visto i carcerati come le vittime della società. Attraverso l’esperienza diretta ha però imparato a riconoscere l’uomo che sta dietro ogni detenuto. «Durante quell’anno scolastico ho vissuto come su un crinale tra l’umanità che provavo per queste persone e la consapevolezza della grave realtà napoletana devastata dalla criminalità organizzata».

 

A un alunno, detenuto in regime di massima sicurezza, che chiedeva alla professoressa Plastina di proseguire i corsi anche nei mesi estivi, lei rispose che insegnamenti al di fuori dell’anno scolastico non erano previsti dal regolamento, ma aggiunse: «La camorra è il cancro della nostra regione, però io ogni venerdì vi penso. Penso a voi che state qui chiusi il sabato e la domenica». L’allievo si commosse. Ancora oggi Ida Plastina ricorda spesso il tempo trascorso a Secondigliano e, quando gioca il Napoli, si informa se la partita viene trasmessa in chiaro. Lei non segue il calcio, ma le fa piacere pensare che nel penitenziario, dove lei ha lavorato, i suoi ex alunni possano avere un paio di ore di svago.

 

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