Il sorriso di un immigrato

di Eleonora Mastromarino

La strada è dritta, il panorama piatto e un po’ monotono: case basse, spazzatura, erba brulla e secca, cresciuta dove non avrebbe dovuto, marciapiedi dissestati dove non cammina nessuno. Si va in giro solo in macchina sulle strade disconnesse che attraversano i paesi della provincia di Caserta, verso Napoli. Fa caldo, è l’una di un qualsiasi giorno di giugno e le strade trafficate sono l’ultimo posto dove vorrei essere. L’aria condizionata non funziona bene ma mio fratello mi ha terrorizzata e viaggio con i finestrini chiusi e la sicura abbassata. “Infilano una mano dal finestrino e ti rubano la borsa, ad un mio amico hanno aperto lo sportello, lo hanno fatto scendere e si sono rubati la macchina”. Sudo, arriverò in redazione che puzzo di sicuro. Poi i semafori: 10,20,100. Durano un’ eternità. I primi sono solo semafori, ma dove il traffico è più intenso man mano che mi avvicino a Marcianise, diventano uffici, forse fabbriche, e sono pieni di operai. Fazzoletti, parasole per auto o secchi per lavare i vetri, e naturalmente grandi sorrisi.

Di quelli bianchi bianchi, che li noti subito che un po’ ti abbagliano, a cui non puoi fare a meno di rispondere con un sorriso altrettanto aperto. Il primo giorno è verde, riesco a non fermarmi e un po’ sono contenta perché soldi in tasca ne ho pochi, e mi sento troppo una stronzetta bianca a chiudere il finestrino e dire ‘no davvero non c’ho spicci’. Loro però stanno sempre lì arrivano in bici, in genere a coppie: uno pedala, l’altro regge buste celesti, piene e giganti. Ghanesi, liberiani, nigeriani, l’africa nera sembra essersi tutta riversata nella provincia di Caserta, in particolare sul litorale domizio. Qualcuno lavora per pochi euro nell’edilizia o nei campi, altri provano a vendere cd ‘pezzotti’ in città, o fazzoletti ai semafori delle strade trafficate. E l’Appia è sicuramente trafficata. Ogni giorno li guardo e mi viene da dire ‘ ma davvero stai meglio qua che in Africa?’, ‘ma com’è che hai ancora questo sorriso contagioso?’.

Castel Volturno è a mezz’ora da Marcianise, in bici forse ci metti anche 50 minuti. Sono quasi 15mila gli immigrati africani che vivono lì, la storia è più o meno sempre la stessa, si arriva in Campania perché c’è un amico o un parente. La Libia è stata a lungo la prima tappa, lì dopo un paio d’anni di lavoro potevi finalmente pagare per salire su una barca e rischiare la vita tentando di arrivare in Europa. Poi ‘finalmente’: Napoli. Cugini, amici, fratelli ti inseriscono nel ‘mondo dorato’ dell’occidente, e allora si va a lavorare nelle raccolte stagionali intorno a Villa Literno, oppure  in città a vendere quello che si può, pompe di benzina e cantieri edili accolgono il resto. La maggior parte appena può va via.

Sono ferma al semaforo, sovrapensiero, il finestrino abbassato e non importa cosa dice mio fratello. Qualcuno si avvicina da dietro ma io non lo sento. D’improvviso mi giro e mi spavento, lui mi guarda con un sorriso gigante: “no bella, non avere paura”. Gli sorrido, è verde, le macchine sono ancora ferme ma da dietro già suonano. Parto, vado via. Poi un pensiero mi accompagna fino a casa, ‘ma non avrà mica pensato che ho avuto paura di lui?’. Tutto il giorno sotto il sole, ogni macchina a cui si avvicina chiude i finestrini, qualcuno lascia pochi spicci e lui sorride, sorride sempre.

Poi arrivo io e gli faccio credere che fa paura, che l’uomo nero mi ha spaventato. Continuo a passare di là, non lo incontro più. Vorrei spiegargli, intanto raccolgo altri sorrisi e riempio la macchina di fazzoletti del Napoli. Poi finalmente, stesso semaforo 2 settimane più tardi. Lo vedo avvicinarsi alla macchina, questa volta gli sorrido prima io, lui mi guarda, mi riconosce: “ciao bella, non ti faccio paura”. Continuo a sorridere, un euro e un sorriso. Verde, clacson, parto. Non avranno cambiato la sua giornata e non hanno attutito il mio senso di colpa. Arrivo a casa e la cena è già pronta, abbondante come sempre. Guardo il piatto e non sorrido più. 30 giorni di semafori: e io non ho fatto altro che raccogliere sorrisi bianchi bianchi e fazzoletti del Napoli.

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