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di Luca Riposati


L’IMPATTO (CULTURALE)

In dieci anni di incontri, letture, conversazioni, tweet, post, lettere ai giornali, chiacchierate informali, ho incontrato alcuni tipi di reazione più comuni. La prima, la più diffusa, era l’indifferenza nei confronti delle implicazioni del 9/11. Molte persone non pensano che questo fatto abbia avuto un impatto sul corso delle loro vite. Altri, molti, di opinioni politiche di ogni colore, hanno gioito nel vedere l’America punita per la sua arroganza. Molte le persone di sinistra per antimperialismo; molte le persone di destra, mosse da antisemitismo. Chi sta in mezzo, come al solito commosso per il dolore per le vittime. Una commozione bianca, spuria, indefinita.Infine una parte delle élites culturali ha accusato il colpo, ha percepito il cambiamento, e questa onda di marea ha coperto e influenzato gran parte della produzione culturale del decennio, al netto delle opere esplicitamente dedicate al fatto. La 25ª ora di Spike Lee traduce perfettamente questo sentimento: il rendersi conto della possibilità del 9/11 ha svuotato di senso e speranza le vite. D’un tratto, eravamo tutti oltre il finale di Fight Club, ma non c’era stata alcuna rivoluzione. Avviliti, avevamo perso il sistema di riferimento precedente, senza averne concepito uno nuovo. Smarrimento, mancanza di senso, una sindrome letteraria e creativa post 11/9. Ora che eravamo stati così evidentemente vulnerabili e avevamo le prove del tradimento (dell’altro, inteso come altra parte del mondo, e da parte di colore che avrebbero dovuto proteggerci) non siamo stati in grado di rialzarci. Il nostro altruismo, la capacità di proiettarci fuori della nostra autoreferenzialità, si è spento. L’entusiasmo della generazione degli anni 60 fu sfiancato e annullato da una serie di osceni omicidi politici. Il nostro è rimasto stritolato, per dieci anni, tra un occidente malvagio e patrigno, bugiardo e oscuro, e un oriente (l’altro, lo straniero), spaventoso, terribile, alieno. Dopo il 9/11 abbiamo imparato a conoscere l’Islam e il mondo arabo, in modo distorto, violento, come in uno specchio deforme, come in ogni guerra fredda. I valori della Cristianità, sono diventati monopolio della chiesa e dei peggiori consevatorismi, i beceri nazionalismi regionali dei giorni nostri. Quei valori, l’importanza dell’individuo, la solidarietà, la pietas e la ragione, l’amore, furono svecchiati e adattati alla modernità dalla Rivoluzione Francese e dallo scontro tra positivismo e romanticismo, e oggi sono stati smarriti: erano patrimonio del liberalismo occidentale, sono stati dimenticati in favore della paura, della reazione e della restaurazione. Siamo smarriti, mentre l’altra metà del mondo naviga ancora nelle paludi dell’oscurantismo religioso e continua, come fa da sempre, ad offendere e affossare il “cittadino”, lasciando “sudditi” gli orientali. Il mondo dell’estremo oriente non fornisce visioni del mondo, è una mostruosa fusione tra i dogmi del profitto e del comunismo. Enormi tecnocrazie. Nel mezzo, noi. Più deboli di sempre, dopo aver provato paura.

SINISTRA, DESTRA

Non è facile dire di chi sia il patrimonio politico ed emozionale del 9/11. Generalizzando: per la maggior parte delle persone di sinistra è stata una giusta punizione per l’arroganza americana. Per la maggior parte delle persone di destra, è puro sfoggio di solidarietà guerresca, con un retrogusto di complottismo antisemita. Tant’è, se girate per strada. È di tutti, non è di nessuno. È diffuso il cinismo con cui si guarda a questo evento, e le sue implicazioni. Forse è più disgustoso, tra i due, il luogo comune sinistrofilo, perché se c’è qualcuno che non dovrebbe essere antiamericano, quelli son coloro che si dicono di sinistra. Non è una mera provocazione. Una provocazione sarebbe dire che bisogna stare accanto agli yankee putos y imperialistas, piuttosto che con l’islam teocratico e reazionario, fatto di emiri e sudditi, che non conosce secolarizzazione nè relativismi. Sulla Costituzione gli Americani hanno scritto forse il verso politico più bello della modernità: ogni uomo è libero di cercare la felicità. Se decidiamo che è solo retorica, allora possiamo buttare al macero tutte le costituzioni, compresa la nostra. Ma se le parole e le intenzioni hanno un senso e un valore, allora gli Americani hanno fissato un pilastro della western civilization. E quando si pensa agli Stati Uniti, bisogna ricordare che sono un paese progettato, a tavolino, da massoni e filosofi profondamente illuministi. Una ispirazione prettamente “di sinistra”. Una nazione costruita da immigrati, sans papier che hanno avuto speranza e coraggio, e non sono rimasti a marcire in Europa. Se nel 900 abbiamo sognato, è perché siamo stati sulle spalle del gigante. Al contempo, questa enorme arca di speranza nata da un genocidio, per la maggior parte della sua storia si è presa di orrende responsabilità ed è stata guidata, indirizzata e sfruttata da un pugno di uomini avidi e malvagi, spietati e sanguinari. Per il potere e il profitto, negli Stati Uniti si sono commessi crimini odiosi. È un Paese ancora oggi dilaniato da odi profondi: nord contro sud, ricchi contro povero, bianchi contro neri. Contraddizioni, che generano dubbi, che generano risposte. Forse dovremmo riunirci, da cittadini, quali siamo per retaggio e diritto dai tempi dei greci, e non sudditi, o devoti, davanti a queste enormi ferite che sono le torri gemelle. E magari capire, ricordare, i valori, le idee e le aspirazioni che ci rendono occidentali – nell’accezione più luminosa e felice che riuscite a dare alla parola.


LA STORIELLA

Osama Bin Laden è morto. È un mattino fresco quando raggiungo il mio ufficio. Il mio telefono squilla da almeno un’ora, e il fatto del giorno, oggi, è davvero grosso. “È probabile che stiamo vivendo una buona notizia”. Quando arrivo in ufficio, nessuno sta commentando il fatto, e la vita prosegue normalmente. Raggiungo una sala riunioni, dove mi stanno aspettando dei colleghi americani. Stanno lavorando, ma c’è qualcosa di diverso. Incrocio il loro sguardo, che era stato ignorato da chiunque altro avessero incontrato quel mattino. Me lo confessano loro stessi, poco dopo. Cercano i miei occhi, vogliono una sponda, con la timidezza bisognosa di complicità degli accerchiati. Sanno che a nessuno importa, nel migliore dei casi. Sanno che sono odiati. Io ricambio il sorriso, il loro era stato interrogativo. Dico solo “today’s such a good day, isn’t it?” Una donna che non conosco mi abbraccia.  Sorride e ha gli occhi lucidi nel mattino scintillante. C’è una confidente tenerezza, e lo riconosco: è la purezza, infantile e semplicemente feroce, che scaturisce dall’aver compiuto una vendetta.

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2 Comments

  1. Ettore Panichi settembre 23, 2011 Reply

    Il corso della storia ha sempre dimostrato l’esistenza di qualcuno che fa pagare ed il conseguente
    ” più debole che paga ”
    l’uomo è uomo; fai diventare il debole potente e vediamo che succede ?
    il profondo cambiamento deve avvenire dentro di noi.
    Le strutture, le associazioni le congreghe etc. sono state sempre usate al fine di pilotare le masse e convergerle verso un’unico interesse che ben conosciamo.
    Sono stati sprecati fiumi di parole spese verso ogni argomento, ma la coscienza di massa e’ composta da tante consapevolezze personali vacillanti.
    le masse saranno sempre pilotate.
    Tutto cambierà, quando ogni singolo uomo non avrà sviluppato una vera consapevolezza e purezza, intelligente, che farà il mondo diverso.
    Il processo è in corso ma ancora acerbo,
    Però qualcosa sta cambiando.

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